domenica 30 dicembre 2012

Chi ci salvera' da Godot-Monti?



Finalmente, ci siamo. Dopo una sequela di dichiarazioni impavide: "Escludo di considerare un'esperienza di governo che vada oltre questo incarico" (10 luglio)- "Non correro' alle elezioni" (25 settembre-), nella migliore tradizione del voltafaccia italiano, Monti ha sciolto le riserve, e si e' candidato ufficialmente. Troppo forte l'amor di Patria (...) e l'imperativo morale di salire in politica (...), per tener fede alla parola data. Accompagnato da squilli di tromba mediatici (i tg lo acclamano come leader stimato anche nello spazio cosmico) , da benedizioni papali profuse a piene mani, e da cori da stadio della confindustria tutta, ha presentato il suo lungimirante programma politico, la famigerata Agenda Monti. E poco importa se si e' scoperto essere stata scritta da un esponente del Pd in procinto di passare tra le sue fila, l'importante e' la bonta', e il carattere rivoluzionario, dei contenuti e dei metodi applicati. Tralasciando l'enfasi che accompagna la necessita' di essere protagonisti autorevoli e attivi dell'Europa ( come se qualcuno si potesse presentare come debole e inerme alle elezioni...), il documento parla di riduzione del debito, delle tasse, di un fisco piu' semplice, di tagli agli sprechi, di migliore spesa, di incentivi alla ricerca, dello sfruttamento delle enormi potenzialita' culturali del nostro paese. A dimostrazione di grande coerenza e serieta', nessun accenno all'Imu (sarebbe arrivato secondo..) e al termine dei lavori della Salerno-Reggio Calabria. Come realizzare tutto questo e' lasciato alla fervida immaginazione dei lettori; ognuno puo' immaginare il percorso e le leggi che piu' gli piacerebbe fossero votate, in una sorta di moderna recita a soggetto. E' un'ottima strategia, solo un tantino abusata, forse. Ho qualche difficolta' a pensare che chi ha esentato dall'Imu fondazioni bancarie e beni ecclesiastici, possa fare delle riforme fiscali a vantaggio di me, comune cittadino. E ritengo improbabile anche qualsiasi liberalizzazione, per il semplice fatto che dopo averle annunciate in pompa magna, vi ha totalmente rinunciato. Ed anche i tagli agli sprechi, la lotta alla corruzione (scusate la parola), considerando che l'unico provvedimento adottato in materia ha, nei fatti, derubricato il reato a illecita influenza, sembrano obiettivi un pochino antitetici all'azione del governo. In buona sostanza, il programma Monti e' molto democristiano, e scopiazzato qui e la tra gli appunti di Renzi e quelli di Brunetta. La forza, o il problema, e' che a presentarlo c'e' questo professore, che pare godere della stima dei governi e degli investitori esteri, probabilmente terrorizzati dalla possibilita' che Berlusconi, o una sua controfigura, decidano le sorti del paese. E mentre gli italiani sognano dei passi in avanti ed un paese normale, la nomenclatura ha trovato il suo nuovo deus ex machina da spendere, senza neppure preoccuparsi troppo delle apparenze. Compaiono infatti, in sfregio al comune senso del pudore,  alcuna dei figuri presenti da tempo immore, come Casini e Fini, e dei nuovi portatori sani di conflitto di interessi, da Montezemolo a Passera. E mentre a Berlusconi viene (giustamente) rinfacciato di aver portato le olgettine e simili dentro le Istituzioni, ai piu' pare naturale, con il beneplacito della chiesa, che il gotha della finanza italiana porti i suoi rappresentanti negli scranni piu alti del governo, senza neppure piu' la fatica di relazionarsi per influire sulle politiche economiche e sociali del paese; le scriveranno direttamente loro. Li stanno rappresentando come necessari al paese, ormai ridotto come Pozzo, che li attendeva (...) da tanto tempo. Eccoli, finalmente, loro. E tanti auguri a tutti...

giovedì 20 dicembre 2012

Lettera a Santa Claus


Il natale, si sa, ci rende tutti piu' buoni. Vorrei che l'anno venturo fosse colmo di novita' per la nostra classe dirigente. Impossibile? Sognare non costa niente..

Gent. Santa Claus, non per me, ma per gli altri, richiedo i tuoi servigi. E' stato un anno difficile, stressante, per i nostri politici; vorrei donassi loro qualcosa di speciale e di appropiato.
Il primo che mi viene alla mente e' Alfano; un osso succoso da riporto aiuterebbe di certo le sue gioiose sgaloppate da un estremo all'altro degli annunci. Poi Monti: un soggiorno di un mese presso il resort "Le vele" di Scampia a Napoli sarebbe una nuovissima esperienza, utile anche a comprendere meglio il concetto di equita', che spesso richiama. A Vendola regalerei invece un'ottima cena a base di cozze tarantine, tanto rinomate nella Puglia che dice di amare cosi tanto.
Veltroni meriterebbe invece di produrre il prossimo film tratto da una sua opera senza sovvenzioni statali ma in prima persona, per la soddisfazione di ricevere le meritate conseguenze economiche; aiutalo, ci tengo particolarmente. C'e' poi il duo Gasparri-Cicchitto, inseparabili: regalagli un giorno, e uno soltanto, in cui possano dire sempre la verita', tanto per vedere cosa si prova. A Capezzone volevo fare lo stesso regalo, ma sarebbe inutile; non prova piu' niente, da quando anche il diavolo ha rifiutato la sua anima. A Bersani dona invece una personalita'; se diventasse Presidente del consiglio, gli potrebbe servire.
E gia' che parliamo di sentimenti, regala della simpatia a D'Alema, del carisma a Casini, della carita cristiana alla Bindi, e del pudore a Bossi; ne sono del tutto sprovvisti. Lascia che il giovane Letta faccia una conferenza stampa senza provocare nessun danno, e trova un vocabolario adatto a Di Pietro: enunciare frasi di senso compiuto gioverebbe alla sua autostima. A Renzi servirebbe un auricolare invisibile, per millantare autonomia assertiva, e alla Santanche' un silenziatore, possibilmente molto potente. E per finire, Berlusconi. Dagli un po' di "meritato riposo"; sarebbe un bel presente anche per milioni di italiani.

giovedì 13 dicembre 2012

Le ragioni di Grillo e i torti dei "dissidenti"


Sondaggi alla mano, nell'ultimo mese il M5S ha perso diversi punti percentuali nelle intenzioni di voto, scese vicino al 16%. Pur nella complessita' degli umori dell'elettorato, e' facile evincere che le polemiche interne al movimento abbiano fortemente contribuito a determinare questo (momentaneo) trend discendente. La "cacciata" dei consiglieri ribelli Favia e Salsi, e' stata il culmine di accese polemiche tra Grillo e alcuni degli eletti piu' noti.
Autorevoli (...) commentatori del "Corriere e di "Repubblica" si sono affrettati a sottolineare le ragioni dei dissidenti, regalando ampio spazio alle loro esternazioni. Segnatamente, Favia ha dichiarato che "La chiusura genera mostri", mentre la consigliera Salsi ha prima detto che "Siete peggio dei vecchi partiti", poi, in un ( ennesimo) fuorionda ha esclamato "Il movimento fara' una brutta fine". Leggendo le dichiarazioni dei due personaggi, un pensiero mi nasce spontaneo: manca l'oggetto del contendere. Non vi e' posizione alcuna sui temi del movimento come energia, ambiente, mobilita', alla base delle proteste; le ragioni della nascita del movimento ed il suo percorso non sono neppure sfiorate dalle invettive rivolte a Grillo.
Si contesta solo e soltanto la questione della democraticita' interna; non che sia argomento da poco, ma a me, simpatizzante disincantato con il ruolo di spettatore, sembra abnorme il risalto cui viene dato rispetto alle priorita' del movimento. Il programma del M5S, pur con mille limiti e una gigantesca lacuna ( sulla giustizia..), e' largamente appoggiato dalla base, che ha comunque contribuito a crearlo; chi altro in Italia potrebbe vantare un progetto anche lontanamente simile in termini di partecipazione e condivisione? Che poi sia di estrema difficolta' raccordare milioni di opinioni espresse in rete e' cosa naturale; quando mai potra' succedere che qualcuno non si senta abbastanza ascoltato?
Lo scopo, l'obiettivo e la natura stessa del M5S sono di altra portata: cancellare la casta, costringere la classe dirigente ad attenersi a criteri morali e comportamentali di diverso livello, dare reale rappresentativita' alla cittadinanza. Ad ostacolo del cammino si ergono la partitocrazia, i media, i poteri forti, e due punti di fragilita' interni: il mandato a termine e la voglia di protagonismo e personalizzazione. Chi lascera' con un sorriso ogni incarico pubblico dopo 8 anni in ottemperanza alle regole del movimento? Quanti occupandosi della cosa pubblica sapranno farlo nell'ombra senza sfruttare la visibilita' che questa regala?
Favia e Salsi rappresentano, in questo senso, il perfetto protipo del problema, che non tardera' a ripresentarsi piu' e piu' volte. L'uno, ha iniziato le esternazioni sui presunti problemi di democraticita' ormai vicino alla scadere temporale del termine massimo di incarico; l'altra, dopo aver partecipato ad un "dibattito" in tv, ha cavalcato le polemiche che sono seguite acquisendo una notorieta' sempre maggiore. Entrambi hanno arrecato al movimento ingentissimi danni, e in termini di voti, ed in termini di credibilita'. Sono stati liberamente scelti ed eletti tra cittadini perfettamente sconosciuti e lontani dai centri di potere; in cosa consisterebbe la mancanza di democrazia nei loro confronti?
E davvero e' ragionevole pensare che la maggior parte degli iscritti siano piu' preoccupati della democrazia interna che dalla necessita' inderogabile di apportare dei cambiamenti significativi nelle Istituzioni? Le domande sono retoriche, e ne pongono invece una reale: chi proteggera' il movimento dai danni dei suoi dissidenti? La rabbia di Grillo e' genuina; una volta di piu', sta' dalla parte della ragione.

domenica 9 dicembre 2012

Monti si dimette: il Caimano a mollo con i pirahna



In Italia, le dimissioni suscitano sempre grandissimo clamore, tanto  e' la disabitudine. Persino un Presidente del consiglio nei fatti sfiduciato, presentandosi dimissionario riesce a proiettare un'immagine di dignita' e coerenza, piuttosto che di rassegnazione. Ma Monti non e' uno sprovveduto, e ha saputo cogliere la palla al balzo. Mister B., dal canto suo, progettava di togliere la fiducia all'esecutivo da chissa quanto tempo, finito il sollazzo dei Resort africani. E pure la ricerca di un candidato di facciata, non ha mai avuto la serieta' la concretezza per andare a buon fine. L'uomo, prima ancora del politico, ha un ego talmente irrefrenabile da poter escludere qualsiasi pensionamento volontario.
Il suo progetto e' chiaro: fomentare gli istinti piu' biechi dell'elettorato contro le tasse, la giustizia, l'euro, millantando, ancora una volta, ricette diverse e miracolose che regalino a tutti l'insostenibile. A suo seguito la potente macchina da guerra di Mediaset, che immaginiamo allertata, dai Tg ai programmi di intrattenimento, alla ricerca spasmodica di slogan e argomentazioni propedeutiche alla causa. Ma anche altre sono le motivazioni della brusca accelerazione; tacitare qualsiasi tentativo di rinnovamento boicottando le primarie, mantenere una legge elettorale che gli consente di scegliere gli eletti, e di riuscire a essere determinanate al Senato anche con il 27% dei voti.
Senza contare gli effetti positivi della mancata asta sulle frequenze televisive, e del rinvio sine die del taglio delle province, con conseguenti brindisi di esponenti della casta di tutte le (presunte) ragioni politiche. Al seguito un manipolo di fedelissimi, da Capezzone alla Gelmini, e tanti "impresentabili", da Verdini a Dell'Utri, desiderosi di un seggio che li ripari dalle disavventure giudiziarie piu' disparate. Mai come ora, il Cavaliere e' fragile ed in balia dei ricatti; quelli dei vari personaggi vicini alle vicende delle escort; dei tanti "amici" sotto la lente della giustizia, e di un apparato che rischia di scomparire da un giorno all'altro, se dovesse diventare chiara la drastica riduzione delle poltrone e delle spartizioni.
Mai come ora la politica e' fatta di interessi privati e lotte di potere, e la crisi e la mancanza di suffragi potrebbero ridurre di molto l'appeal di B. per le forze votate alle spartizioni clientelari. Un assaggio e' stato il voto della Sicilia, dove, per la prima volta, i carcerati si sono disinteressati in massa dei seggi. Ed in questo senso si colloca la manovra di Monti; accelerare le elezioni, accreditandosi come leader, di lista o virtuale, di una nuova area moderata che prenda il posto dell'ormai morente Pdl. Da Montezemolo a Passera, passando per gli ex an, sono ormai diversi gli esponenti che mirano a questo progetto, collocandosi , per interessi e area d'appartenenza, negli stessi spazi occupati dal Caimano. Nessuno sconto, ma anzi una possibile convergenza di interessi contro B., ormai impresentabile e ottimo capro espiatorio di una crisi economica senza precedenti e, per il momento, senza via' d'uscita.
Non che il Cavaliere sia scevro da colpe, ma farlo passare per unico responsabile gioverebbe al Pd altrettanto colpevole, e a Monti, reo di scelte economiche impudicamente ed univocamente gravose per i ceti medio-bassi. Senza piu' il controllo della Rai, attaccato dalla stampa internazionale e dai mercati, inviso ormai financo alla Chiesa, il Pdl potrebbe scendere sotto la fatidica soglia del 10%, che il probabile governo Monti-Pd renderebbe sostanzialmente inoffensivo. Il Caimano si e' gettato nuovamente di slancio nella mischia, ma in maniera scomposta, e attorniato dai pirahna; il rischio e' che a breve ne resti ben poco. Non ne sentiremo la mancanza.

giovedì 6 dicembre 2012

Il profilo morale dell'elettore del Pd rovina dell'Italia


Stiamo nel mezzo di una crisi economica, morale, prospettica, senza precedenti; e' ora di chiamare le cose con il loro nome.

Chissa' quali erano le sensazioni prevalenti del cittadino romano al decadere dell'Impero. Incredulita', rabbia, angoscia? Non ci e' dato saperlo; ma e' lecito immaginare uno stato di forte frustazione, per l'impossibilita' di modificare gli eventi, e la consapevolezza di un futuro incombente piu' misero e incerto che mai. Una condizione non dissimile da quella che attraversa la societa' occidentale tutta, e, segnatamente, il nostro paese. Perche' la crisi economica e morale e' senz'altro trasversale a tutte le regioni del mondo, ma diverse sono le condizioni in cui ci si appresta a immergercisi.
L'Italia e' l'unico paese europeo, assieme alla Grecia,  a non avere un sistema di sussidio di disoccupazione diffuso a tutti. Ha inoltre diversi primati nel costo dei beni di prima necessita' come la benzina, il gas, l'elettricita', l'assicurazione rca per l'auto, e con una serie di servizi spesso ineludibili, dai tassisti ai notai,  tutt'oggi lontani da tariffe concorrenziali. Unica ancora di salvezza, la radicata propensione al risparmio, e gli atavici, strettissimi, legami famigliari che neppure la "modernita'" e' riuscita a spezzare.
Ma la "crisi", prima ancora che economica, e' di valori; l'italietta del boom economico ci aveva lasciato in eredita' un senso del rispetto delle regole, della misura, e persino dell'educazione, di cui  oggi rimangono solo poche sparute tracce. Assieme alle ideologie sono scomparsi gli intellettuali, e le battaglie dialettiche parlamentari nulla hanno a che fare con il reale confronto alla ricerca del bene comune. Come sosteneva un famoso filmato su youtube, il parlamento oggi non esiste, e' solo una convenzione. All'omissione, e all'imbarazzo' dei "non ricordo" della prima Repubblica, si e' sostituita la menzogna piu' sfrontata e reiterata. Da Forlani titubante che rispondeva in un aula di tribunale sui finanziamenti illeciti, siamo passati alla sfrontatezza Scajolana de "mi hanno comprata casa a mia insaputa"; da Andreotti che parlava di "errore" nei suoi processi, a Berlusconi che invoca la persecuzione delegittimando la magistratura tutta.
Questo iter di cancrena delle regole e dei valori su cui si basa lo stato civile, si e' dovuto arrestare per la mancanza del suo propellente naturale: il denaro proveniente dall'accrescere del debito pubblico. L'evolversi della crisi ha innestato un esteso processo di partecipazione alla vita civile; la forzata rinuncia a beni ormai considerati abituali ha miracolosamente indirizzato le discussioni ed  i pensieri di molti alle ricerca delle cause prime ed ai possibili rimedi. Lo scellerato patto stato-cittadino "tu rubi io evado" e' stato violato con la nascita di equitalia, e gli scricchiolii si sono fatti sempre piu' forti tra le fila della partitocrazia.
 Per primo, e' caduto B., reo di aver spergiurato cosi tanto da non lasciare al suo elettorato parvenza alcuna di dignita'; il 10% di cui e' ancora accreditato e' cifra sorprendentemente alta, decifrabile solo con ampie sacche di clientelismo e con il residuo potere rimasto alla carta stampato e alle tv, ancora fedelmente prone e accondiscendenti. Lo stesso Casini, attendista per nascita, ha bruciato molti dei suoi consensi nell'appoggio a Cuffaro, e i sondaggi lo collocano sotto la soglia di sbarramento. Ed ancora, tutti i tentativi di figure "nuove", da Montezemolo in poi, sono miseramente naufragati sul nascere stroncati da sondaggi impietosi; segno che l'elettorato , finalmente, ha aguzzato l'ingegno contro i "salvatori della patria". Anche Monti, pur godendo ancora di un ampio consenso personale, ha avuto il demerito di attuare politiche poco tecniche e molto di destra, forse troppo anche per lo svogliato elettore italiano.
 Solo, sempiterno, uscito indenne anche da tangentopoli, resiste il Pd, a difesa e garanzia dello status quo partitocratico. Il partito di Bersani pare avere il dono dell'ubiquita'; si propone come nuova forza di governo, dopo aver partecipato a pieno titolo e al governo Monti, e allo sfacelo degli ultimi 20 anni. Tra l'altro, riesce nel miracolo di attrarre consensi senza neppure la fatica di fare promesse; nulla sulla giustizia, sulla riduzione dei privilegi, sulle liberalizzazioni, sull'articolo 18. Il solo Renzi ha citato il conflitto di interessi come problema irrisolto, dimostrando la sua competenza nel merito affidando ad una societa' concessionaria del comune di Firenze la delega per la sua personale campagna. L'elenco completo degli inquisiti e' impressionanate, e racconta di un apparato indifendibile dal punto di vista morale. Le stesse votazioni su province, stipendi, pensioni, rimborsi elettorali, abuso d'ufficio, scudo fiscale, avrebbero ridotto il partito al 2% in un altro paese d'europa, e costretto al ricambio della classe dirigente. Invece D'Alema, "Nerone Veltroni", Bindi, Fassino, Finocchiaro  sono ancora al loro posto, tallonati da Renzi, gia' condannato dalla corte dei conti per danno erariale. E dunque, come spiegare un consenso stimato ad oggi sopra il 30%?
Il sistema clientelare delle cooperative e l'eredita' di voti ideologici del vecchio Pci hanno sicuramente una buona parte di merito, ma non spiegano, da soli, la partecipazione di milioni di cittadini alle primarie. Si puo' ritenere che, in buona fede, questi ultimi non sappiano, non si rendano conto di quale partito e a quali persone diano il loro appoggio, plagiati da un informazione distorta e connivente? Io credo di no. Per quanto il controllo mediatico distorca e attenui le responsabilita' della classe dirigente, ai piu' non puo' sfuggire l'atavico attaccamento alle poltrone, il consociativismo acclarato con B., il rifiuto categorico di un cambiamento significativo delle logiche della politica; per dirla alla Moretti, "chi voleva capire ormai ha capito". Semplicemente, giudicano accettabili questi comportamenti. Il loro basso profilo morale e' tale per cui nulla di quanto accaduto in questi anni gli abbia fatto dire "mai piu".
 E mentre ad un cittadino tedesco, francese od inglese basterebbe, sola, la vicenda Penati per allontanarlo per sempre, in Italia il Pd si appresta a vincere le elezioni mantenedo in vita un sistema di potere morente, che disperatamente cerca di sopravvivere a se stesso, confidando nella paralisi della giustizia ormai resa scientemente del tutto inefficace. Il prezzo di tale ritardo nel cambiamento degli uomini e dei meccanismi che ci hanno trascinato fin qui, sara' altissimo, in termini economici, sociali, politici.  E mentre il resto del mondo occidentale, spinto anche da sentimenti genuinamente nazionalistici, elabora strategie di difesa dei cittadini, l'Italia arretra sotto il peso del suo scarso senso civico e morale. D'altra parte, se latita nei cittadini, perche' mai dovremmo trovarlo nelle istituzioni?


 

domenica 25 novembre 2012

Le primarie del tempo preso


E' meglio contare le pecore, smacchiare i giaguari, insegnare le basi dell'educazione alla Santanche' o votare alle primarie del Pd?
Grande successo delle primarie. Milioni di cittadini, ordinatamente, pacificamente, stanno partecipando alle votazioni indette per (cosi' pare) scegliere il candidato Premier del centrosinistra. Probabilissima la vittoria di Bersani, qualche chance per l'outsider Renzi, le briciole per gli altri. Ma quale partito avra' il compito di guidare il leader cosi tanto democraticamente eletto?
L'apparato ha un elenco di problemi con la giustizia impressionante , per chi sceglie di leggerlo. La difesa dei privilegi di ogni tipo pare essere stata la stella polare: boicottaggio dell'abolizione delle province, finanziamento anche ai partiti defunti, diritto alla pensione anche con tre giorni da deputato, mancato divieto di doppi e tripli stipendi; un quadretto confortante.
Anche nel suo ruolo di opposizione il Pd non ha brillato; dopo le dichiarazioni di Violante di salvaguardia di Mediaset e del conflitto di interessi, la legge salva rete4 di D'Alema, si e' passati ad un consociativismo acclarato. Nell'ultima legislatura il 34% dei provvedimenti del governo B., scudo fiscale compreso, e' passato per la mancanza di membri dell'opposizione in aula al momento delle votazioni. Sull'appoggio acritico al governo Monti stendo un velo pietoso. Dunque, per cosa stanno votando queste persone?
A prescindere dagli esiti, il vincitore non impugnera' la riforma dell'articolo 18, non sanera' il conflitto di interessi, non liberera' l'informazione dai partiti e dai gruppi di potere, non riformera' la giustizia a freno della corruzione ormai endemica. E neppure si potra' obiettare qualcosa: non solo non lo hanno promesso, ma non ne hanno neppure parlato. Cio' nonostante, queste persone vanno; discutono, magari animatamente e con partecipazione, sperando in un futuro diverso grazie al Pd: beati loro. Io, da par mio, ho scelto di smacchiare giaguari; non chiedetemi la Santanche', sarebbe veramente troppo.
 
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro! E. Montale

sabato 24 novembre 2012

Dei furbi e dei fessi

 
Mentre l'Italia affonda lentamente, inesorabilmente, in una crisi economica, politica, sociale, di identita', vengono alla mente dubbi per la ripartizione delle colpe. Anche le scelte individuali, tese a curare gli orticelli o ad aprirsi ad un mondo che pare sempre meno promettente, sono ad un bivio sostanziale. Ma forse cento anni fa stavano persino un po' peggio, pur intrappolati nelle stesse dinamiche e assaliti dagli stessi dubbi. Tratto da "Dei furbi e dei fessi" di Giuseppe Prezzolini, 1921
 
1. I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi.
2. Non c’è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto
intero in ferrovia, non entra gratis a teatro; non ha un
commendatore zio, amico della moglie e potente nella
magistratura, nella Pubblica Istruzione ecc.; non è massone o
gesuita; dichiara all’agente delle imposte il suo vero reddito;
mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. questi è un
fesso.
3. I furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta.
4. Non bisogna confondere il furbo con l’intelligente.
L’intelligente è spesso un fesso anche lui.
5. Il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue
capacità, ma per la sua abilità a fingere di averle.
6. Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un
furbo.
7. Segni distintivi del furbo: pelliccia, automobile, teatro,
restaurant, donne.
8. I fessi hanno dei principi. I furbi soltanto dei fini.
9. Dovere: è quella parola che si trova nelle orazioni solenni dei
furbi quando vogliono che i fessi marcino per loro.
10. L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano,
pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i
furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono.
11. Il fesso, in generale, è stupido. Se non fosse stupido avrebbe
cacciato via i furbi da parecchio tempo.
12. Il fesso, in generale, è incolto per stupidaggine. Se non fosse
stupido, capirebbe il valore della cultura per cacciare i furbi.
13. Ci sono fessi intelligenti e colti, che vorrebbero mandar via i
furbi. Ma non possono: 1) perché sono fessi; 2) perché gli altri fessi sono stupidi e incolti, e non li capiscono.
14. Per andare avanti ci sono due sistemi. Uno è buono, ma l’altro
è migliore. Il primo è leccare i furbi. Ma riesce meglio il secondo
che consiste nel far loro paura: 1) perché non c’è furbo che non
abbia qualche marachella da nascondere; 2) perché non c’è furbo
che non preferisca il quieto vivere alla lotta, e la associazione con
altri briganti alla guerra contro questi.
15. Il fesso si interessa al problema della produzione della
ricchezza. Il furbo soprattutto a quello della distribuzione.
16. L’Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino
all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno. Il furbo è in alto in
Italia non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che
l’italiano in generale ha della furbizia stessa, alla quale
principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta. Nella
famiglia, nella scuola, nelle carriere, l’esempio e la dottrina
corrente - che non si trova nei libri - insegnano i sistemi della
furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che l’ha colpita, ma in
cuor suo si ripromette di imparare la lezione per un’altra
occasione. La diffidenza degli umili che si riscontra in quasi tutta
l’Italia, è appunto l’effetto di un secolare dominio dei furbi, contro
i quali la corbelleria dei più si è andata corazzando di una
corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non sufficiente, però, a
porli al riparo delle sempre nuove scaltrezze di quelli.

domenica 18 novembre 2012

Stelle polari al contrario

 
Quanto sono importanti i punti di riferimento nella vita? Chiedete a un marinaio esperto e capace, oppure ad uno psicologo; vi daranno la stessa risposta. Cosi' possono essere, nel loro piccolo (in maniera antitetica alla morale, intendo), il buon duo Gasparri  Cicchitto. Perche', non appena leggo di un dibattito dove mi sembra di indovinare senza neppure dover ragionare dove sia il torto, loro ci sono. Dalla parte sbagliata, ovviamente. L'uno con pantaloni a vita altissima da casa di riposo, l'altro con atteggiamento da bulletto malcresciuto, si rincorrono nelle dichiarazioni, senza avere, probabilmente, nessun accordo preventivo; gli viene naturale. E' cosi per quanto riguarda la possibilita' di  identificare gli agenti nelle attivita' "antisommossa". Il piduista ha subito affermato che "e' pericoloso mettere un numero identificativo sui caschi delle forze dll'ordine". Noi, sciocchi, pensavamo che il pericolo fossero gli atti compiuti da persone consapevoli di non essere identificabili. E questo non per una posizione ideologica, o precostituita, perche', come direbbe Pasolini, "io simpatizzo con i poliziotti", ma per un principio di civilta'. I "black block" possono assumersi la responsabilita' di atti nell'anonimato; rappresentno loro stessi.  I poliziotti, no; rappresentano noi tutti. In un paese cosidetto del terzo mondo, la Thailandia, l'hanno capito da tempo, e ogni agente ha il suo bravo numero sul casco; ma ho l'impressione che questo Cicchitto e Gasparri non lo sappiano.

domenica 11 novembre 2012

Il festival del cinema di Roma e le velleita' artistiche di "Nerone" Veltroni



E' di questi giorni il Festival del cinema di Roma, evento fortemente voluto nel 2006 dall'allora sindaco Veltroni, con l'intento dichiarato di regalare alla citta un momento di cultura condivisibile e fruibile da tutti. Tra lustrini, paiette, e tagli di risorse, si e' trovato comunque il modo di allestire vari eventi mondani, e due tensostrutture da duemila posti per il Ristro-Bistrot Set, tra cocktail, brunch, cene riservate alle quattro giurie ufficiali e ad un (evidentemente) "nutrito" ed affamato parterre di attori, registi, giornalisti e politici vari.
Al crollo del 15% dei biglietti venduti , il presidente Paolo Ferrari ha opposto una curiosa replica: "E' vero, ma gli accrediti sono aumentati del 30%"; come se regalare quello che non si riesce a vendere fosse una mirabile intuizione commerciale. Tra le prime pellicole in concorso proiettate c'e' stata "La scoperta dell'alba", lungometraggio con Margherita Buy e Sergio Rubini, diretto dalla morettiana Nicchiarelli. Il film e' tratto da un'opera di Veltroni, scritta durante "l'impegnatissimo" periodo in cui era sindaco, e accolta da grandi plausi. Dacia Maraini trovo' delle affinita' con il premio nobel Pirandello, Concita De Gregorio  descrisse il libro come bellissimo, il fratello del produttore Veronesi lo paragono a McEvan; insomma, un trionfo. Anche la regista ne e' rimasta cosi cosi' colpita tanto da farne un film, in cui, pero', ha apportato qualche "piccolo" cambiamento. Il protagonista non e' piu' un uomo, ma una donna; non ha una figlia down, ma e' senza figli; ha una sorella con un ruolo importante inventata di sana pianta. Se non gli fosse piaciuto, cos'altro avrebbe potuto cambiare? Ma ogni azione ha un suo perche', che si spiega con una piccola nota a margine: il film e' stato prodotto da Domenico Procacci della Fandango, ed ha ricevuto un generoso contributo statale di 550.000 euro. Ma non e' la prima volta che un "opera" dell'ex sindaco riceve finanziamenti pubblici; nel 2005 "Piano, solo" di Riccardo Milani, tratto da un altro capolavoro veltroniano, "Vita breve di Luca Flores", venne sovvenzionato dal fondo unico per lo spettacolo con 1.945.000 euro; tanti soldi davvero, a fronte di 667.000 euro di incassi al botteghino. Il documentario forse Dio e' malato, tratto dalla medesima opera a stessa firma, ebbe diritto invece a "soli" 300.000 euro, sempre pubblici. Anche la brava regista Nicchiarelli ha avuto la fortuna di vedere sovvenziato pure il suo primo film "Il cosmonauta" con altri 725.000 euro. Questi, i fatti.
Pare che l'arte, oltre ad avere un grande valore, abbia un grande costo, a seguire i passi di questi signori. Chissa' cosa direbbero i moltissimi giovani autori che non trovano spazio alcuno nei palinsesti, di questi strani percorsi che si rinnovano sempre uguali. E molti altri si domandano quali siano le somme, fino ad oggi ignote, che Veltroni ha parcepito per i diritti d'autore di queste tre "capolavori". Ma un uomo benestante, fruitore dal 49' anno di una rendita sontuosa, solo sfiorato da grandi inchieste,  puo' avere delle mire editoriali meramente speculative? Io propendo per un ipotesi diversa ; credo nella buona fede dell'ex sindaco, semplicemente in preda ad una "sindrome di Nerone". La sua posizione e le sue influenze gli hanno dato quei riconoscimenti che fino a quel momento il mondo gli aveva negato.  Come il padre, si e' avvicinato al mondo del cinema dopo la bocciatura in Prima superiore, e ha finito col diplomarsi presso l'Istituto di Stato per la cinematografia.
Immaginiamo che per il giovane Walter sia stato oltremodo difficile, se non impossibile in un mondo tanto competitivo, sviluppare la propria passione, e farsi valere come autore. Ma, nonostante la sua brillante carriera politica, la bramosia artistica ha continua a pulsare, fino a trovare gli spazi citati, ed ha addirittura preso forma nell'ideazione prima,  e nella realizzazione poi, di quella che lui stesso appello' come "La festa del cinema". Considerando la spartizione dei finanziamenti, la partecipazione sempre piu' elitaria, e la situazione di inesorabile deriva in cui versano le sale in Italia, ci permettiamo di pensarla diversamente; e' piu' giusto chiamarla "La festa di Veltroni"; non e' vero, Sig. sindaco?




 

venerdì 9 novembre 2012

La nuova legge elettorale truffa






Alcide De Gaspari e' ricordato in tutti i libri di storia come tra i piu' grandi statisti che l'Italia abbia mai conosciuto; visti gli attuali successori, la sua collocazione non appare cosi' tanto peregrina. Ma la memoria storica spesso omette le parti oscure, meno nobili, dell'operato degli uomini. Cosi e' per la famigerata "Legge truffa" , voluta proprio dal suo governo e promulgata il 31 marzo 1953, a ridosso delle elezioni che si tennero poi a giugno. Consisteva in un premio di maggioranza che assegnava il 65% dei seggi alla coalizione che avesse raggiunto la maggioranza assoluta dei voti (50% +1).
L'abominio, al di la' del merito che puo' essere diversamente giudicato, fu' l'idea di sottomettere la prima legge dello stato, alle necessita' contingenti di favorire un partito o una data parte politica.  Non a caso venne approvata con   articolo unico, approfittando della sospensione dei lavori dell'aula la domenica delle palme. L'idea stessa di approvare una legge elettorale a ridosso delle elezioni, e' indicativa della volonta' di "scippare" una parte di legittima rappresentanza, moncando, nei fatti, il ruolo degli elettori nella democrazia partecipativa. Farsi carico di questa istanza dovrebbe provocare rossori di vario genere e, piu' in generale, una sorta di pudico,  silenzioso, imbarazzo.
Niente di tutto questo lasciva intuire Rutelli, qualche giorno fa', all'uscita dei lavori della commissione affari costituzionali del senato, che si sta' appunto occupando di modificare la legge elettorale a quattro mesi dal voto. Testuale, ha dichiarato: " Occorre una soglia alta per avere un premio di maggioranza per governare altrimenti il rischio è che il primo partito che ottiene il premio è Grillo". Ha detto proprio cosi, forte e chiaro. E non e' stato redarguito, oltraggiato, vituperato; semplicemente, ha detto quello che tutti pensano.
 Lo pensa il Presidente Napolitano che dopo anni di silenzio nel merito , ha scoperto da qualche mese l'urgenza improcrastinabile di una riforma elettorale, sollecitata ad ogni pubblico comizio. Lo pensa il Presidente Monti, che furbescamente ha dichiarato la possibilita "tecnica" di un intervento del governo in merito, auspicando pero' che a sporcarsi le mani siano i partiti. Lo pensano, in massa, gli esponenti della casta di ogni ordine e grado, letteralmente terrorizzati dall'idea di un mini esercito di cittadini che venga a fargli le pulci.
Che i rappresentanti piu' alti delle istituzioni abbiano acquisito un profilo morale cosi basso e' sconfortante; da chi altri, se non da loro, e' lecito aspettarsi la difesa delle regole comuni che fanno di un paese una nazione civile? Nei libri, questi uomini, saranno ricordati per quello che sono; inadeguati al ruolo che ricoprono per manifesta assenza di rigore morale e senso dello stato.
Nell'attesa di vedere come finira' l'iter parlamentare della nuova legge truffa, la storia ci porta soccorso. Alle votazioni del 53' i partiti autori dell'imbroglio non arrivarono al quorum, e furono severamente bastonati dagli elettori: la dc, da sola, perse oltre l'8% dei consensi. Forse per ogni deputato rubato, ce ne sara' uno regalato..
 
 
 
 
 


 

martedì 6 novembre 2012

Franco Battiato e l'impegno civico

 
Di delusioni, ne abbiamo avute tante. Ogni qualvolta un esempio positivo si approssimava all'orizzonte, apparivano nubi  che diventavano tempeste di volgarita', di interesse privato, di sporchi giochi di potere che tutto raccontavano eccetto che disinteresse. E' di oggi l'annuncio di Crocetta: Franco Battiato sara' il nuovo assessore alla cultura della regione Sicilia. In un tempo cosi' burrascoso, con un divenire cosi' incerto,  e' fondamentale che gli intellettuali passino dal "raccontare" la realta', a forgiarla e indirizzarla. Il cantautore siciliano ha detto poche cose, quelle giuste:   "Accetto volentieri, è il momento d’impegnarsi per la mia terra — dice — ma la parola assessore mi offende, preferisco essere chiamato Franco. Io però non posso e non voglio cambiare mestiere. Non faccio politica e non voglio avere a che fare con politici e ho chiesto a Crocetta la libertà di organizzare eventi che mettano in contatto la Sicilia con il resto del mondo. Rinuncio da subito allo stipendio da assessore". Viene alla mente l'impegno di Vecchioni con il comune di Napoli, assoldato per 200.000 euro , e decaduto appena l'ammontare della cifra aveva destato scandalo. Qui siamo in un altro campo, un altro stile, quello di cui abbiamo bisogno: "Non servono tranquillanti, o ideologie, ci vuole un'altra vita.
 
Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!
Questo paese è devastato dal dolore...
ma non vi danno un po' di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?
Non cambierà, non cambierà
no cambierà, forse cambierà.
Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.
Non cambierà, non cambierà
si che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po' da vivere...
La primavera intanto tarda ad arrivare.  F. Battiato

domenica 4 novembre 2012

L'importanza di chiamarsi Grillo


Grillo e' un maschilista. No, di piu'; e' un femmicida sessista, oltre a essere dittatoriale, violento e senza scrupoli. Peccato che sia l'unico che abbia sempre raccontato la verita'. A chi credere?
 
Non volevo piu' difendere Grillo, mi ero convinto che fosse inutile. Chi ragionava gia' con la testa non aveva bisogno delle mie argomentazioni, mentre chi non ragionava affatto ne poteva tranquillamente fare a meno. Ma l'uomo, si sa', e' debole, e ama cedere alle tentazioni. Avevo resistito abbastanza bene anche a  circa un minuto di Buona domenica, ascoltando Sgarbi e la Santanche' che sproloquiavano di visione medioevale delle donne, decontestualizzando una frase sul punto G, che nulla aveva a che vedere con la guerra dei sessi. Poi e' arrivato Sartori, che stimo (ora un po' meno) su rai news, a sostenere che nei talk show i dibattiti non sono forvianti; un po' troppo.
E' bene porre rimedio e chiosare gli opportuno distinguo tra i fatti e le opinioni. L'Italia e' un paese bloccato, fermo, penultimo nella classifica mondiale per crescita nell'ultimo decennio; tra le cause maggiori c'e' la corruzione, dovuta in gran parte alla paralisi della giustizia, e un'informazione soggetta e addomesticata. Il gigantesco conflitto di interessi di Mister B. non ha pari nel mondo occidentale, e costituisce l'emblema della mancanza di liberta' di stampa nel nostro paese. Questi, i fatti, a meno che non si avalli l'ipotesi di un gigantesco complotto di tutte gli organismi di controllo internazionali, univoci nelle statistiche e nelle analisi. In questo contesto nasce il movimento di Grillo, che usa per raccontare queste verita' i mezzi che ha disposizione: il blog, gli spettacoli, le piazze. Lo fa nel silenzio tombale della quasi totalita' dei media , che lo oscurano, ne distorcono i messaggi, gli affibiano le etichetta di populista, qualunquista, giustizialista; qualsiasi cosa, pur di non parlare dei contenuti che propone. La caccia all'uomo, e al movimento, e' cominciata; ogni mezzo e' buono, purche' funzioni.
Cominciamo dall'ultimo caso, quella della consigliera bolognese Federica Salsi, redarguita per aver partecipato all'ultima puntata di Ballero'. Tutti i media si sono riferiti alla metafora di Grillo sul punto G., omettendo volutamente la vera materia del contendere, e cioe' la partecipazione dei rappresentanti del movimento a programmi televisivi. E' loro diritto non parteciparvi? E non e' del tutto lecito aspettarsi che gli iscritti seguano le regole del movimento cui appartengono? Sono domande molto semplici, che suggeriscono una semplice verita': la consigliera ha sbagliato. I talk show in tv sono pensati per professionisti della politica, e gestiti da chi ha tutto l'interesse a preservare lo status quo, parteciparvi e' controproducente. Dando un'occhiata al forum del movimento, ci si accorge che la stragrande maggioranza la pensa cosi; chi non e' d'accordo puo' manifestare dissenso o proporre regole diverse, non infrangerle a piacimento.
Le esternazioni del consigliere Favia sulla manacanza di democraticita all'interno del M5S hanno portato alla luce un problema reale, ma posto in maniera forviante e, soprattutto, con obiettivi diversi da un costruttivo dibattito interno. Il consigliere di Forli e' vicino alla scadenza massima di due mandati , limite ultimo per statuto della sua esperienza politica, ed e' lecito pensare ad un'azione improntata alla visibilita'. Questo problema si ripetera' piu' e piu' volte; quanti abbandoneranno volentieri un "lavoro" ben retribuito, interessante e  che regala potere e visibilita'? Ed e' auspicabile che il limite venga cancellato, oppure l'impegno "a termine" del cittadino, e' una reale possibilita' di moralizzazione della vita pubblica? Grillo ha bisogno di essere difeso in questa scelta di modernita', e dagli attacchi anche strumentali che tale impegno comportera'.
Leggo poi spesso critiche "aprioristiche" sull'inadeguatezza delle proposte del M5S, e sulla necessita' di esperienza politica per attuare qualsivoglia proponimento. I miei 5 lettori sanno che spesso ho criticato delle incongruenze o delle omissioni (vedi giustizia) nel programma, ma vorrei porre una riflessione: avendo tutte le capacita', l'esperienza, e la sagacia del mondo, e' possibile che qualcuno realizzi qualcosa che non intende realizzare? Traslando, qualcuno pensa davvero che i politici dei partiti voteranno norme per cui i meritevoli primeggieranno, i corrotti andranno in carcere, e i giovani avranno l'opportunita' del ricambio generazionale? La cosidetta legge anticorruzione, appena votata, e', sostanzialmente, un indulto. La proposta di legge depositata dal M5S, attinente l'incandidabilita' dei pregiudicati e il limite massimo di due mandati per chiunque, non e' stata respinta dal parlamento; non e' stato neppure discussa. Di un cambiamento significativo, non considerano neppure l'idea.
Al di la' delle diverse opinioni e sensibilita', la struttura stessa dei partiti e' delineata per attrarre arrivisti di ogni ordine e grado, e le sirene che promettono cambiamenti epocali, dopo aver risuonato a vuoto per decenni, non devono attrarre piu' nessuno. Non mi interessano le esternazioni di B., di Casini, di Renzi, di Vendola; tutti nomi che il tempo ci ha permesso di soppesare, le cui parole sono sempre, sempre, andate al vento. So' cosa aspettarmi da loro, ho capito chi sono. Voglio un'opportunita' nuova, di qualcuno senza conflitti di interessi, senza gruppi di potere alle spalle,  che non abbia MAI mentito spudoratamente: ecco l'importanza di chiamarsi Grillo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

sabato 3 novembre 2012

Nuova, talentuosa, soubrette. A spese nostre

 
"Errare humanum est perseverare autem diabolicum", dicevano i latini. Eppure, nel bel mezzo della piu' ampia crisi di credibilità che la nostra classe politica ricordi, e' di ieri l'annuncio della "discesa in campo", per il Senato della Repubblica, della soubrette argentina Iliana Calabro. Sara' lei la prossima candidata per la circoscrizione America latina nelle liste del Pdl. La nota show girl subito si e' detta entusiasta: "Rappresenterò e darò voce gli italiani che vivono all'estero. I problemi degli emigrati li conosco; potrei rispondere alle loro richieste, farmi portatrice delle loro inquietudini". Peccato che non parli la nostra lingua, ma questo pare essere solo un dettaglio. A chi le chiedeva come sapra' conciliare il delicato incarico istituzionale con la sua lanciatissima carriera ha risposto: "Non dovrò trasferirmi in Italia, e neanche viaggiare in continuazione, perché dovrò recarmi in quel Paese solo quando sarà necessario il mio voto per qualcosa". Chiarissimo, pare. E se non avremo il piacere di vedere spesso la bella Iliana nelle aule di Palazzo Madama, potremo consolarci gustandocene i video on line. La nuova miss della politica del centrodestra, non fara' rimpiangere la Minetti in quanto a foto osé e si spera faccia meglio del suo mentore e predecessore, il senatore Esteban Caselli. Questi e' tutt'ora indagato dalla Procura di Roma per brogli elettorali, perpretati pare con la complicita' del consolato Italiano a Buenos aires. Al di la' delle accuse, tutte da provare, resta un fatto: di trovare un candidato famoso per la sua rettitudine, neanche a parlarne.

mercoledì 31 ottobre 2012

Vendola, un colpevole assolto

 
 
Ho un ricordo personale di Vendola. Lo vedevo spesso mangiare, da solo, in una trattoria in Via del Governo vecchio a Roma, a due passi dal Senato della Repubblica. L'orecchino bene in vista, e addosso una giacca di velluto che faceva molto comunista: all'epoca, mi ispirava molta simpatia. Era un onorevole che riuscivo a guardare, a un metro da me, senza provare disprezzo.
Ieri e' stato prosciolto dal tribunale dalle accuse ascrittogli; cio' nondimeno, e' colpevole. 
 La sua "ode" all'onesta' e alla moralita' che dice di inseguire da tutta la vita, stride con le dichiarazioni, con i comportamenti, le inclinazioni,  di questi anni in cui e' giunto al potere.
Il suo lungo sodalizio con Don Luigi Verze', lo caratterizza come amministratore; poteva non capire, non sapere, non intuire i disegni del suo compagno di merende?
C'e' poi la faccenda dell'Ilva; come puo' un Presidente di regione accettare passivamente, mentre i tumori crescono in maniera esponenziale, le palesi prepotenze di un industria cieca e sorda alle ragione del buon senso e della salute, appartenente a pregiudicati ? E il referendum sull'acqua pubblica? Pronto a gioire, ma allo stesso tempo il primo a progettarne la privatizzazione.
 Non ultima, la questione intrinseca al processo. In discussione non era il suo intervento di riapertura del bando per favorire la nomina di un primario, ma se il fatto costituisse reato; cosi' si era giustificato: "Sono accusato di aver favorito una persona che io non conoscevo, che è un elettore di destra, attivo ai banchetti di Fitto, come ammette anche chi mi accusa. Quindi, anche nel caso fossi condannato, cosa avrei mai fatto?".
 

Vendola e' stato ritenuto innocente, e non ho motivo di dubitare della sentenza, ma la sua difesa testimonia quanto ormai sia dentro "al palazzo". Nelle sue parole non c'e senso dello stato, ne' rispetto per i tribunali; e' lampante invece la berlusconiana convinzione che, se si agisce in buona fede, e' cosa naturale trasgredire le regole comuni, la giustizia, i diritti degli altri. Lo sostiene convintamente, apertamente, in buona fede; questo e' l'effetto dell'assuefazione alla politica nelle persone, magari anche le migliori. E' colpevole di non aver resistito ai richiami della casta, o forse, e' soltanto rimasto esposto troppo  a lungo.
 
 
 



 
 
 

sabato 27 ottobre 2012

La giustizia secondo Mister B.


Berlusconi, appena condannato per il processo Mediaset, grida all'accanimento. Ma non ha avuto sempre lo stesso approccio alla giustizia; e' un... ipergarantista a soggetto.
Innanzitutto, mi preme rassicurare tutti (...) gli estimatori del Cavaliere; questa condanna non s'ha da fare. Il giudizio appena emesso e' di primo grado, e la prescrizione scattera nel 2014; impossibile passare per secondo grado e Cassazione. Nonostante strepiti da ogni dove, e accuse di ogni sorta ai malcapitati giudici di turno, bisognera' ammettere che, in buona sostanza, l'ha sfangata un altra volta. Ma veniamo ai fatti. L'accusa ha dimostrato che Mediaset ha comprato oltre tremila diritti su films da trasmettere non direttamente dai produttori, ma attraverso societa' off-shore create appositamente. La plusvalenza realizzata da dette societa' e' stata quantificata in circa 250 milioni di dollari, finiti su conti esteri riconducibili a Mister B.
L'evidenza dei  fatti e' tale da non essere contestata neppure dal sempiterno Ghedini, che ha basato la difesa su una curiosa ipotesi: che tale circuito sia stato creato e gestito autonomamente dai dirigenti Mediaset condannati (Daniele Lorenzano, Gabriella Galletto, e altri prescritti). La condanna a quattro anni, di cui 3 cancellati dall'indulto, e' stata giustificata dalla corte con la dicitura "elevata propensione a delinquere"; ognuno puo' trarre le opportune conclusioni, tenendo presente che l'imputato, in nessun caso, dovra' scontare un sol giorno di carcere.
Ma l'impeto iper-garantista e anti-giustizialista non e' sempre stato nelle corde del cavaliere, che su altre questioni, sorprendentemente, si e' espresso e ha legiferato in tutt'altra direzione. Sugli stessi diritti dei films, ad esempio, ha imposto nel 2004 la legge Urbani , trasformando in reato penale  la vendita o la diffusione illegale di materiale coperto dal diritto d'autore. Qualche maligno all'epoca sostenne che tanta durezza dipendeva dall'impatto negativo che la pirateria aveva sulle aziende del cavaliere, da Mediaset, a Medusa a Mondadori, ma noi ci asterremo dal farlo, essendo garantisti.
  Tale accanimento comunque, oltre a stridere con la depenalizzazione di alcuni gravi reati  come il falso in bilancio, ha prodotto effetti molto piu' severi che una condanna virtuale. Cito l'esempio del Sig. Fall Alioune , le cui rimostranze non  hanno avuto la stessa attenzione dai media. Senelegalese, immigrato, in pochi anni ha accumulato 21 condanne per la vendita al dettaglio di cd fasulli; nessun altro reato di qualsivoglia natura. Il risultato? E' detenuto a Regina Cieli dove sconta, al netto dell'indulto, una pena complessiva di 9 anni di reclusione; in Senegal, lo aspettano la moglie e un bambino in precarie condizioni economiche.
Riflettendo su queste due vicende, credo ampiamente dimostrative dello stato in cui versa la giustizia, mi chiedevo:  dalla nascita del diritto romano, in duemila anni di storia,  abbiamo fatto dei progressi?
Frotte di "populisti" sostengono di no, e che in carcere ormai ci vanno solo i poveracci; comincio a sospettare che abbiano una qualche ragione.
 
 
 
 

martedì 23 ottobre 2012

Renzi e lo strano caso dell'elettore del Pd


Ci sono molti misteri in cui capita di imbattermi: eventi, persone, fenomeni naturali. Uno di questi è l'elettore del Pd.

Per quanto distante, mi sembra di indovinare il richiamo nel mettere una crocetta sul nome di Berlusconi. Significa, fatto in maniera più o meno consapevole, assecondare i peggiori vizi che pure fanno parte del paese: l'avversione per le regole, la mancanza di senso dello stato, e una percezione di soddisfazione intrenseca a “furbate” di ogni ordine e grado. Non che siano sentimenti da coltivare, ma non può sorprendere che facciano presa su un popolo spesso descritto come “impossibile da governare”. E posso altrettanto intuire le ragioni di chi si esalta vedendo falce e martello o la fiamma tricolare, retaggi di un passato che evidentemente si sceglie ostinatamente di far vivere nel proprio presente. Ma l'elettore del Pd in cosa si riconosce? Nella laicità?
Dai matrimoni gay, alla fecondazione assistita, passando per il testamento biologico e la libertà di cura, non c'è un settore su cui il partito abbia compattamente avallato una sola, singola, proposta. Nel rigore morale?
L'elenco degli appartenenti inquisiti è impressionante, se si decide di aprire gli occhi per guardarlo. Nelle politiche sociali? Quali, quelle già condivise in aula e condotte da Monti?
Eppure, nonostante un ventennio di consocitivismo, di sistematica spartizione del potere, di immobilismo asettico della classe dirigente, oggi il Pd pare titolato del 26% dei favori, addirittura rivitalizzato da una nuova figura di leader che molti simpatizzanti si accingono a votare: il giovane rottamatore Matteo Renzi. Ma chi è il sindaco di Firenze, quali sono i suoi "compagni" di viaggio, e soprattutto, quali le sue intenzioni?
E' figlio d'arte; il padre è Tiziano Renzi, democristiano, ex assessore che si occupa di editoria e di pubblicità. Nel 1999 è segretario provinciale del Partito Popolare Italiano, poi della Margherita, successivamente Presidente di provincia e attualmente sindaco; 15 anni di attività per il volto nuovo della politica, con qualche inciampo. La Corte dei conti nel 2011 lo condanna per danno erariale alla provincia di Firenze. Da poco è stata aperta una nuova inchiesta: sotto osservazione venti milioni di euro spesi tra cene, viaggi di rappresentanza e finanziamenti assai discutibili, tranne che per i fan della cagnolina Pimpa. È supportato da una lobby di alto livello, almeno a giudicare dalle spese che sostiene: stando alle cifre ufficiali (…) sono stati investiti € 209.000 per le primarie a sindaco nel 2009 e € 110,000 per la Kermesse dei “rottamatori” nel 2011; ha infine lui stesso stimato € 250,000 per l'attuale campagna. Ma tra palazzetti, jet privati, e iniziative propedeutiche alcuni addetti ai lavori hanno indicato cifre 10 volte superiori. Chi lo sovvenziona, e perché?
Il suo entourage è indiscutibilmente di grande qualità. Dietro le quinte i tempi e gli slogan sono dettati da un mago della comunicazione, Giorgio Gori; ex direttore nelle reti Mediaset, è specializzato in format di intrattenimento come "L'isola dei famosi". Un formidabile catalizzatore di attenzione mediatica: l'ideale per un certa idea di proposta politica. Alla luce del sole anche il suo sodalizio con Marco Carrai, cattolico, ciellino d.o.c., nominato Presidente dell'azienda municipalizzata Firenze parcheggi e consigliere della cassa di Risparmio di Firenze. È lui il tramite di alcune adesioni eccellenti, come quella dell'economista Zingales e del finanziere Davide Serra. C'è poi il seguito del salotto buono fiorentino; i Frescobaldi (Livia nominata nel Gabinetto Vieusseux), i Folonari (Giovanna nominata assessore), i Bini Smaghi (Lorenzo nominato Presidente della Fondazione Strozzi). Un parterre di tutto rispetto, anche se non tutti condividono.
L'ex assessore al Bilancio Claudio Fantoni, dimissionario a giugno, scrive testualmente: «Ho sempre pensato che chi è chiamato a governare Firenze sia a servizio della città, e non che la città, Firenze, sia al servizio e strumento utile al perseguimento di ambizioni personali».
Hanno fatto molto discutere le sue assunzioni a chiamata diretta al Comune: la figlia del direttore del Corriere Fiorentino, la moglie di un consigliere comunale, e molti associati dell'Agesci, l'associazione cattolica degli scaut, il cui Presidente regionale Matteo Spano è amico personale di Renzi. E su questo rapporto indaga attualmente la corte dei conti, essendo Spanò azionista della Dotmedia srl, e a capo della Florence Multimedia, entrambe società sul libro paga del comune, ma che si occupano però anche delle campagne personali del sindaco. Un intreccio che richiama molto il "vecchio" modo di fare politica, a prescindere dalle evidenze giudiziarie.
Perché, se è vero che i temi affrontati per la "rottamazione" della classe dirigente del Pd sono in grandissima parte condivisibili, nelle proposte le distanze tendono a scomparire. Nel manifesto di 100 punti troverete una strada lastricata di buone intenzioni, ma nessun impegno serio per i nodi cruciali che dovrebbero appartenere ad un partito progressista. Non ci sono riferimenti all'articolo 18, al rapporto stato-mafia, alla laicità dello Stato (e come potrebbe?). Il problema della corruzione è appena accennato, e per la giustizia si propone la diminuizione del numero dei tribunali. Sul welfare ci sono diverse proposte di privatizzazione, molto vicine a quelle di Monti & Co; peccato che a farle sia un leader di un partito di centrosinistra. Per la questione dei costi della politica ci sono provvedimenti di facciata di natura populista, come il solo dimezzamento del numero dei parlamentari ed il taglio degli stipendi.
La vera novità di Renzi sta nell'abilità di veicolare il messaggio, anche se sostanzialmente privo di contenuti realmente costruttivi. Solo Berlusconi era stato altrettanto "capace", coniando slogan vincenti come "un milione di posti di lavoro", oppure il "contratto con gli italiani". Geniali, da un certo punto di vista, e abbastanza allettanti da richiamare, con l'ausilio dei giusto supporto mediatico, milioni di elettori. Renzi non ha, ovviamente, la stessa "potenza di fuoco", ma sta aggiustando il tiro a partire dall'apparato interno: dichiarare che con lui il Pd prenderà il 40% dei voti invece del 25%, è un chiaro messaggio agli arrivisti della politica. Più posti per tutti, traslandolo in slogan.
Nel mezzo, l'elettore del Pd, un po' frastornato, sognante, tanto da scambiare una cruenta lotta di potere con un vivace dibattito sul programma, su cui nessuno proferisce parola. Continua a pensarsi alternativo, diverso, persino di sinistra: cadrà un'altra volta nella rete del partito? Somigliando il nuovo cosi tanto a Berlusconi, questa volta se ne dovrà assumere la responsabilità; non dite che non vi avevo avvertito.

domenica 21 ottobre 2012

Incontro con Bauman

 

"La ragione di questa crisi, che da almeno cinque anni coinvolge tutte le democrazie e le istituzioni e che non si capisce quando e come finirà, è il divorzio tra la politica e il potere". Zygmunt Bauman
 
Per chi non conoscesse Zygmunt Bauman un buon consiglio; leggetelo. Oltre ad essere universalmente riconosciuto come uno dei sociologhi piu' importanti al mondo, e' forse quello che riesce piu' degli altri ad esprimere concetti assai complessi in maniera molto chiara e semplice. Delinea i contorni  che spesso ci sembrano sfuggire all'interno delle dinamiche generali, e sa usare, come direbbe il poeta:  "la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco".
Bauman parla di "modernita' liquida" come metafora di una societa' in cui nulla sembra poggiare su solide fondamenta:  "un mondo che chiamo liquido perché come tutti i liquidi non può restare immobile a lungo. In questo nostro mondo tutto, o quasi, è in continua trasformazione: le mode che seguiamo, gli oggetti che richiamano la nostra attenzione, ciò che sognamo o temiamo, che suscita in noi speranza o preoccupazione".
Il concetto stesso di precarieta' e' invasivo, e trasmuta dal settore lavorativo a quello sociale: "Accade che una relazione fortemente vincolante basata sull'impegno a lungo termine produce paura di perdere le opportunità che sorgono nella modernità liquida. Da qui discende che la relazione pura è percepita come una liberazione, ma il risultato è avere paura di vivere in condizione di angoscia permanente. Oggi i legami tra persone sono fragili, c'è un altissimo livello di insicurezza che riguarda i rapporti tra gli individui e la comunità rispetto l'affidabilità degli altri. L'appartenenza alla comunità è stata sostituita dall'appartenenza alle reti - argomenta - Oggi è facile avere incontri e appuntamenti grazie al pc, è infantilmente facile rispetto al passato: si selezionano le qualità dallo schermo (interessi, qualità fisiche) proprio come si scelgono merci in un negozio.
La popolarità dei social network è dettata dalla facilità con cui ci si può sbarazzare di impegni a lungo termine semplicemente con un click: con i social network, le persone cercano l'esigenza fondamentale della condizione umana, ovvero la ricerca di amore, di amare e di essere amati". Tuttavia, "amare significa impegno, accettazione di rischi, abnegazione, esporsi all'incertezza, speranza di riuscire a produrre relazioni durevoli. Gli utenti di questi network risultano sempre frustrati, ciò che essi trovano sono impegni superficiali che sostituiscono quanto realmente stanno cercando. Ciò che causa tutto ciò è l'illusione consumistica che vorrebbe farci credere di potere scegliere i nostri partner come una marca di yogurt: non accuso l'avvento dei computer,sono solo mezzi, non capri espiatori, ma neanche salvatori; ciò che è necessario è quell di fare qualcosa rispetto all'illusione consumistica, dare una risposta a questo fenomeno".
Ed infine, sulla nascita e le possibili soluzioni della crisi : "Oggi c'e'  solidita' nel senso di resistenza al cambiamento. Negli ultimi anni ci sono stati molti movimenti, gli indignados spagnoli, Occupy Wall Street e altri. Molte spinte, grandi manifestazioni di massa e tuttavia non accade nulla. Prendiamo Occupy Wall Street: è stato trattato bene dai giornali, la televisione ne ha parlato, l’unica forza che non ha prestato alcuna attenzione è stata la Borsa di Wall Street. Non è cambiato assolutamente nulla. La mia teoria è che il sistema non è solido di per sé: ha sviluppato efficaci meccanismi di autoriproduzione ma ha delle fragilità incorporate. Diventa più iniquo ogni giorno che passa: oggi negli Stati Uniti, un amministratore delegato guadagna in media 531 volte più del lavoratore medio; nel 1960 il rapporto era 1 a 12. La finanza ha creato un’economia immaginaria, virtuale, spostando capitali da un posto all’altro e guadagnando interessi. Il capitalismo tradizionale funzionava sulla creazione di beni, mentre ora non si fanno affari producendo cose ma facendo lavorare il denaro: l’industria ha lasciato il posto alla speculazione, ai banchieri. Questo significa che il sistema ha accentuato la sua tendenza interna ad autodistruggersi, ma non potrà continuare a lungo. Se la resistenza umana non sarà in grado di mettervi fine ci penserà la natura. Ci sono ovviamente limiti precisi alle risorse del pianeta e una società basata sulla crescita illimitata della produzione e del consumo incontrerà questi limiti molto presto.
Ed ancora: "Il potere è la capacità di esercitare un comando. E la politica è la capacità di prendere decisioni vincolanti. Gli stati-nazione avevano il potere di decidere e una sovranità territoriale. Ma questo meccanismo è stato completamente travolto dalla globalizzazione perché la globalizzazione ha trasferito il vero potere al di là dei territori, scavalcando la politica. Gli Stati nazionali sono attraversati dal potere globale della finanza, delle banche, dei media, della criminalità, della mafia, del terrorismo. Ogni singolo potere si fa beffe delle regole e del diritto locali, e anche dei governi ovviamente. I governi europei dovrebbero fare ciò che gli elettori chiedono, cioè agire contro la disoccupazione di massa, ma naturalmente non lo possono fare: sono costretti ad ascoltare quanto le corporation e i banchieri dicono loro. I governi sono eletti per quattro anni e possono agire solo su un territorio limitato, le corporation sono permanenti e hanno come teatro d’azione il mondo. Non riusciremo a risolvere i problemi globali se non con mezzi globali, restituendo alle istituzioni la possibilità di rispettare la volontà e gli interessi delle popolazioni. Però, questi mezzi non sono stati ancora creati".
Individuate le cause prime, le dinamiche, le possibili evoluzioni; lo fa' cosi bene che qualcuno ha pensato di intitolare il proprio blog (...) con una sua massima.
Sabato  ho avuto modo di ascoltarlo dal vivo, ospite del Salone dell'editoria sociale a Testaccio. Una bellissima e assolata ottobrata romana , tanta gente, un clima di partecipazione e attesa. Subito ci informano che il presentatore Massimiliano Smeriglio - assessore alle Politiche del Lavoro della Provincia di Roma, e' assente per influenza (dicono). Sara' stata un'impresa ammalarsi con questa temperatura, ma forse e' meglio cosi: la presenza di un politico avrebbe forse stonato.
Ágnes Heller e Aleksandra Jasinska-Kania introducono il tema del populismo in Europa; leggono entrambe un testo interessante, ma didascalico. Prende la parola Bauman, parla a braccio. Disserta sui presidenti spagnoli e francesi, dice che in questa situazione chiunque fosse stato al governo avrebbe perso le elezioni, e che sostanzialmente, le politiche sono le stesse dei predecessori. Apre all'Europa, e indica la necessita' assoluta di una regia unica, capace di agire autonomamente senza il beneplacito degli U.s.a. Si lancia in una lunga e appassionata difesa dell'individuo, rimasto solo ad affrontare problemi che invece sono sistemici. Cambia spesso tono e modi della voce, chiede se ha ancora tempo. Infine, per tornare al tema principale, indica come unica soluzione alla nascita di populismi sempre piu' aggressivi la difesa dello stato sociale e degli interessi dei piu' deboli. L'incontro finisce, esco satollo come dopo un lauto pranzo. Cosa ho imparato?
Vedendo questo signore ottantasettenne , relatore di migliaia di conferenze, appassionarsi ancora cosi tanto da preoccuparsi di non avere abbastanza tempo per dire tutto quello che gli premeva, mi sono ricordato di una cosa. Che il mondo passa sempre attraverso le nostre scelte, e che senza la voglia e la responsabilita' di starci dentro, non si costruisce niente. Forse sono diventato un po' piu' filosofo anch'io.
 

 

"Quale che sia il contante e il credito di cui disponiamo, non troveremo in un centro commerciale l'amore e l'amicizia, i piaceri della vita familiare, la soddisfazione di prenderci cura dei nostri cari o di aiutare un vicino in difficoltà, l'autostima per un lavoro ben fatto, la gratificazione dell'«istinto di operosità» che ognuno possiede.

                                                                                            Zygmunt Bauman


venerdì 19 ottobre 2012

Il cancro dell'informazione, malattia mortale


 

Mentre mi stupisco nel vedere la meta' dei nostri presidenti di regione indagati (e gli altri ?), vorrei argomentare su uno dei due principali temi (l'altro e' la giustizia) che ci hanno condotto fino a qui: la (presunta) libera informazione.
La materia riguardante il conflitto di interessi parę essere passata di moda; l'Italia resta invece un unicum nel panorama dei paesi occidentali. Le reti televisive private sono in grandissima parte in mano ad un solo editore; quelle pubbliche controllate, dopo la consueta spartizione, dai partiti. Nella carta stampata le cose non vanno meglio; nonostante perdite record attutite da generosi finanziamenti pubblici, le testate sono tutti gestite da grandi gruppi di potere che poco hanno a che fare con l'editoria.
Partiamo dal più importante quotidiano a diffusione nazionale, il Corriere della Sera. Il suo editore è il gruppo RCS quotato in borsa, ed ha fama di essere il giornale super partes per definizione; nulla di piu' falso. Nel suo Cda ci sono Fiat, Pirelli, Telecom Italia, Mediobanca, Intesa. Grande finanza, banche, assicurazioni, automotive, telecomunicazioni, cementifici, acciaierie, pneumatici, immobili, moda, elettrodomestici: non c’è praticamente nessun settore del made in Italy che non possa dire la sua sui contenuti e sulla posizione del giornale.
Viene da dire che in Italia essere indipendenti coincide col dipendere da tutti, nessuno escluso: la linea editoriale del Corrierone nazionale risentirà quindi delle esigenze e degli accordi reciproci fra le aziende che siedono in Consiglio: nessuna visione strategica a prescindere, e una pletora di manovre tattiche in risposta alle necessità del momento.
La Repubblica gruppo Espresso appartiene invece a Carlo De Bendetti, nel Cda troviamo rappresentanti di Luxottica, Tod's, Indesit e della Saras di Massimo Moratti. La famiglia Berlusconi controlla direttamente Il Giornale, edito dal gruppo Mondadori, mentre la famiglia Agnelli è proprietaria del quotidiano La Stampa di Torino. Il Messaggero di Roma, il Mattino di Napoli, il Gazzettino di Venezia e il Nuovo Quotidiano di Puglia sono editi dalla Caltagirone Editore, di proprietà della famiglia Caltagirone (grandi opere, cementifici, immobili): Il Resto del Carlino di Bologna, la Nazione di Firenze e Il Giorno di Milano sono invece posseduti dalla Poligrafici Editoriale, collegata a Telecom Italia, Generali Assicurazioni e Gemina.
Infine una notazione quasi umoristica: Libero, l’aggressiva testata di destra e Il Riformista, quotidiano timidamente di sinistra, hanno lo stesso editore Giampaolo Angelucci, proprietario di un impero fatto di cliniche e strutture sanitarie , e messo agli arresti domiciliari per falso e truffa ai danni delle Asl. I suoi quotidiani avranno dato la notizia?
La situazione non migliora, anzi se possibile peggiora, quando si analizzano i quotidiani finanziari. Il Sole 24 Ore, come è noto, è appannaggio dell’universo Confindustria, quindi diretta espressione dei desiderata dei principali gruppi industriali del Paese. Nel suo Cda siedono, fra gli altri, Giancarlo Cerutti, consigliere di amministrazione di Saras; Luigi Abete, presidente di Bnl (gruppo Paribas), fratello di Giancarlo Abete (presidente della Figc) e consigliere anche della Tod’s di Diego Della Valle; e Antonio Favrin, collega di Cda, in Safilo Group, di Ennio Doris, che siede in Mediolanum della famiglia Berlusconi e in Mediobanca.
La domanda nasce spontanea: quale mai puo' essere l'interesse dei poteri forti a controllare un settore palesemente in perdita? Filantropico? E' verosimile l'assunto che la televisione non influenza le scelte politiche dei cittadini?
Sono domande retoriche, ma che pongono in evidenza una questione cosi centrale da essere diventata di vita o di morte. Perche' per molti cittadini l'informazione "tradizionale" e' la sola accessibile, e per altri ancora l'onere di approfondire risulta troppo gravoso; insieme, costituiscono la maggior parte del corpo elettorale.
E mentre chi naviga in rete puo' attingere da piu' fonti, decidendo magari consapevolmente (contento lui..) di supportare Scilipoti, il pensionato che guarda distrattamente il Tg1 e magari approfondisce con Vespa, puo' pensare che votare Sgarbi sia un gesto rivoluzionario.
 Urge una legge sul conflitto di interessi, che l'attuale nomenclatura si astiene pure dal nominare.
 Urge l'eliminazione totale dei finanziamenti, per rendere piu' onerosa la gestione delle non-notizie.
 Urge, per la gioia dei nostri amatissimi "tecnici", piu' mercato e competizione: chi racconta i fatti vende e sopravvive; gli altri chiudono.
La malattia che affligge l'informazione in Italia strangola ogni tentativo di cambiamento significativo, usando ogni artificio. Anche quello di sovraesporre il problema della corruzione, tanto da non far neppure intuire quelli che sarebbero gli opportuni ed efficaci rimedi. E' una malattia endemica, radicata, invasiva; faranno di tutto per renderla mortale.