giovedì 9 agosto 2012

L'importanza di chiamarsi Presidente


Gli italiani ,della politica, si sono sempre fidati poco. Vuoi per un clima di perenne ostilita', vuoi per la cronica constatazione di privilegi e soprusi di ogni sorta. In mezzo a questo scempio, la figura del Presidente della Repubblica e' sempre stata un'isola felice, aiutata senz'altro dalla posizione "super partes" che la costituzione gli assegna. Non sono mancate, nei decenni ,polemiche e cadute di stile, ma nulla che soltanto assomigliasse agli accadimenti di queste ultime settimane. Ma cominciamo dal principio.
Napolitano viene eletto nel 2006, succedendo a Ciampi, che per sei volte aveva usato la sua prerogativa di non firmare leggi che riteneva anticostituzionali, non ultime quelle sui diritti televisivi e sulla riforma della magistratura. Queste vengono riproposte con piccole modifiche,ed approvate. Successivamente Napolitano firmera', senza battere ciglio: un indulto extralarge allargato ai colletti bianchi, il lodo Alfano a sospensione dei procedimenti su B. (annullato poi dalla corte costituzionale), lo scudo fiscale per i capitali occultati, i pacchetti sicurezza Maroni con norme razziali, e successivamente il legittimo impedimento, che ricalcando il nodo Alfano, verra' di nuovo cancellato dalla consulta. Evitera' poi di promulgare una norma sul mercato del lavoro che oggi farebbe sorridere.
 Questa inabilita' totale ad opporsi alle istanze del governo, anche quando queste siano palesemente contrarie agli interessi dei cittadini, alla costituzione, o semplicemente al buon senso, puo' essere interpretata come complicita', o come inadeguatezza.
Sta' di fatto che il primo presidente proveniente dall'ex partito comunista, solo sfiorato da Tangentopoli, suscita grandi critiche e perplessita'. Nel 2008 scoppia la cosidetta "guerra fra procure" nell'ambito dell'inchiesta di De Magistris; la dicitura non racconta i fatti, giacche' da una parte c'e' un magistrato inquirente che agisce nel rispetto delle leggi, dall'altra una procura, quella di Catanzaro, che avoca un'inchiesta scottante e ordina una sequestro all'interno di quella di Salerno, provvedimento contrario a ogni norma e ogni precedente. Napolitano delega il csm al superamento della controversia , e pur parlando di "caso grave", mantiene un atteggiamento neutrale. Da qui in poi, la sua condotta diventera' indifendibile.
Mentre Napoli sprofonda sotto cumuli di immondizia , a tutti paiono evidenti le infiltrazioni della camorra e le responsabilita' della politica; anche ai magistrati, che indagano Bassolino, suo vecchio compagno di partito. Passano le vacanze insieme a Capri, Napolitano gli esprime "profonda solidarieta", rinunciando per sempre al ruolo di garante di tutti gli italiani, e di tutti i suoi stessi concittadini napoletani.
E veniamo ai giorni nostri,alla procura di Palermo, che  indaga sugli attentati a Falcone e Borsellino. Successivamente alle stragi ci furono dei contatti tra mafiosi e importanti pezzi delle istituzioni; Nicola Mancino, all'epoca ministro degli interni, mentre sa' di essere intercettato contatta il gabinetto del presidente e chiede protezione dai magistrati; parlera' direttamente anche con il presidente, ma non e' dato sapere cosa si siano detti. E' invece di dominio pubblico l'atteggiamento di Napolitano: usa l'avvocatura dello stato contro i pm di Palermo, millantando abusi nelle intercettazioni, ed irregolarita' nell'inchiesta'.
 La correttezza delle procedure adottate e' questione tecnica in cui non ci addentriamo, basti sapere che la riteniamo del tutto pretestuosa ( vedi  ); il nodo fondamentale e' un altro: in un paese martoriato dalla criminalita' come il nostro, puo' un presidente confliggere con la procura piu' esposta della nazione, isolandola di fatto? E facendolo, rappresenta il "sentire" e gli interessi dei cittadini?  Sono domande retoriche, tanti e tali sono i torti di questo signore 87enne, custode della casta,  che sembra proprio non voler capire , l'importanza di chiamarsi Presidente.



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