Ho un ricordo personale di Vendola. Lo vedevo spesso mangiare, da solo, in una trattoria in Via del Governo vecchio a Roma, a due passi dal Senato della Repubblica. L'orecchino bene in vista, e addosso una giacca di velluto che faceva molto comunista: all'epoca, mi ispirava molta simpatia. Era un onorevole che riuscivo a guardare, a un metro da me, senza provare disprezzo.
Ieri e' stato prosciolto dal tribunale dalle accuse ascrittogli; cio' nondimeno, e' colpevole.
La sua "ode" all'onesta' e alla moralita' che dice di inseguire da tutta la vita, stride con le dichiarazioni, con i comportamenti, le inclinazioni, di questi anni in cui e' giunto al potere.
Il suo lungo sodalizio con Don Luigi Verze', lo caratterizza come amministratore; poteva non capire, non sapere, non intuire i disegni del suo compagno di merende?
C'e' poi la faccenda dell'Ilva; come puo' un Presidente di regione accettare passivamente, mentre i tumori crescono in maniera esponenziale, le palesi prepotenze di un industria cieca e sorda alle ragione del buon senso e della salute, appartenente a pregiudicati ? E il referendum sull'acqua pubblica? Pronto a gioire, ma allo stesso tempo il primo a progettarne la privatizzazione.
Non ultima, la questione intrinseca al processo. In discussione non era il suo intervento di riapertura del bando per favorire la nomina di un primario, ma se il fatto costituisse reato; cosi' si era giustificato: "Sono accusato di aver favorito una persona che io non conoscevo, che è un elettore di destra, attivo ai banchetti di Fitto, come ammette anche chi mi accusa. Quindi, anche nel caso fossi condannato, cosa avrei mai fatto?".
Vendola e' stato ritenuto innocente, e non ho motivo di dubitare della sentenza, ma la sua difesa testimonia quanto ormai sia dentro "al palazzo". Nelle sue parole non c'e senso dello stato, ne' rispetto per i tribunali; e' lampante invece la berlusconiana convinzione che, se si agisce in buona fede, e' cosa naturale trasgredire le regole comuni, la giustizia, i diritti degli altri. Lo sostiene convintamente, apertamente, in buona fede; questo e' l'effetto dell'assuefazione alla politica nelle persone, magari anche le migliori. E' colpevole di non aver resistito ai richiami della casta, o forse, e' soltanto rimasto esposto troppo a lungo.
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