venerdì 7 settembre 2012

Appello a Grillo per le sfide del M5S



 
Gent. Grillo, avendo gia' definito il mio appoggio al tuo movimento, posso permettermi il lusso di una critica che credo i piu' riterranno costruttiva. I temi espressi da Giovanni Favia, pur utilizzando lo stratagemma del ”non volevo non sapevo”, sono all'ordine del giorno nei pensieri degli iscritti al movimento; almeno di quelli che vi aderiscono senza pulsioni settarie.
Tralasciamo per un attimo il mantra dell' ”ognuno vale uno”, e diciamoci la verita'. C'e' una cabina di regia che stabilisce strategie mediatiche e programmatiche, sicuramente supportata da uno staff, di cui tu non hai mai fatto menzione. Le parole su Roberto Casaleggio sono sempre state estorte con il contagocce, e l'ultima esternazione di quattro righe del blog ne e' la riprova. La mancanza di connotazioni precise su questo "direttivo" rappresenta una criticita' che necessita di risposte ormai indifferibilii.
Data per scontata la tua buona fede, non ritieni "abbastanza maturi" gli iscritti per raccontare, semplicemente, come stanno le cose? Presto o tardi, dovra' essere fatta chiarezza a tal proposito, pena una perdita' di credibilita' che stroncherebbe sul nascere un movimento che fa' della trasparenza la propria bandiera e ragion d'essere.
Chiunque sia iscritto al forum del M5S e abbia provato a dare un contributo di idee o di proposte są' che detto sistema non rappresenta il ”laboratorio” che dovrebbe, ma solo una bacheca aperta in cui sfoghi, demagogia, e proposte concrete sono unite in un unico calderone che tritura e cancella tutto nell'arco di una giornata. La naturale conseguenza e' un programma gestito "dall'alto", in cui temi cruciali come la giustizia sono totalmente taciuti , probabilmente perche' visti come "portatori sani" di divisioni e lotte intestine.
Sono perfettamente consapevole della difficolta' di gestire e ”sintetizzare” una simile mole di partecipazione, ma , nello stesso tempo, sono convinto della necessita' di passare da una adesione ”virtuale”, a criteri che rendano effettivo e determinante l'intervento degli iscritti nella stesura del programma prima, e delle linee programmatiche poi. Tu, nel bene o nel male, rappresenti l'anima del movimento; ma le tue esternazioni vengono spesso identificate con la posizione del movimento stesso, senza che vi sia stata neppure un'apparente consultazione in merito; quanto ancora questo e' tollerabile ? E, al di la' degli slogan, quanto ancora e' procrastinabile una condivisione per linee "orizzontali” del potere di rappresentanza?
La tua paura di nuovi Scilipoti travestiti da progressisti e' fondata e inevitabile ; tuttavia, non e' mantenendo il verticismo dell'organizzazione che te ne potrai difendere. Urge, impellente, la necessita' che tu dia alla base degli attivisti la stessa fiducia che milioni di italiani si apprestano a dare a te. Ci saranno delle fratture, dei contrasti, che sarebbero comunque sorti; avrai pero' riparato a quel "vulnus" di compartecipazione democratica che il tempo puo' solo peggiorare.
La campagna elettorale e' gia cominciata, le elezioni sono alle porte.
Il blog e' attivo da 8 anni, il movimento da 3; l'argomento della scelta dei candidati per il parlamento non si e' neppure ancora dibattuto, come e' possibile? So' perfettamente che quella di Favia e' stata un "utile distrazione", e che le pagliuzze che ti sto' addebitando poco hanno a che fare con le travi dei partiti tradizionali, ma ho una precisa volonta': quella di non votare con il "naso turato". L'ho rinfacciato per troppo tempo e troppe volte agli elettori del pd/pdl che si giustificavano dicendo "gli altri sono peggio".
Non voglio scegliere il M5S per l'improponibilita' degli altri partiti; voglio farlo con la convinzione ed il piacere di contribuire ad un cambiamento epocale, che puo' essere di ispirazione al resto del mondo. Una rivoluzione fatta davvero dal basso, che contrapponga ai dogmi del pil delle scelte per un diverso modo di immaginare e cercare il benessere.
Occore "mollare la presa", occorre "condividere", occorre "affidarsi", anche se la democraticita' delle scelte porta a inevitabili errori di misura, contrapposizioni forvianti, ritardi.
Per istinto, per intuizione, ho la convinzione che tu sia in buona fede ; a te chiedo invece di ragionare; se non accrediti i cittadini comuni di quella stima con cui li separi dalla casta, che senso ha questo movimento?

Gli italiani, le elezioni, e la paura del cambiamento



L'ultimo sondaggio indica come primo partito  gli indecisi, dati al 40%; sono davvero tanti, che gli passa nella testa?
L'Italia affonda nella crisi lentamente; tenuta a galla per il momento dalla sola, ancestrale , propensione al risparmio delle famiglie. Nell'attesa che i conti si prosciughino, due dicotomie affollano i pensieri degli elettori:  partecipazione o disinteresse? Rivoluzione o continuita' ?
La casalinga di Voghera in questi anni si e' limitata a lanciare improperi contro il governo di turno, senza mai fare "propria" la "questione politica"; pigrizia? Scarso senso civico? O un'accettazione piu' o meno consapevole di un modus operandi che ,tutto sommato, sembrava non ostacolare un tenore di vita ormai dato per acquisito? Una visione votata al pragmatismo avallerebbe quest'ultima ipotesi.
Spiegherebbe, tra l'altro, il ventennio berlusconiano come frutto di un bieco calcolo privatistico dell'elettore medio: dato per assodato e accettato il malcostume nelle istituzioni, mi affido al "male minore", cioe' a chi , nell'immediato, non mi aumenta le tasse dirette. Questo ragionamento (sarebbe forse meglio definirla intuizione), improntato a vedute assai ristrette temporalmente, guarda caso e' del tutto speculare alla politica italiana, sempre impegnata nel "problema del momento", e del tutto incapace di progettualita' a medio e lungo termine. Inutile sottolineare che questo modo di discernere abbia provocato danni talmente ingenti da non poter essere probabilmente mai estinti, vedere sotto la voce debito pubblico. Si pone quindi una necessita'divenuta indifferibile , e cioe' che l'elettore identifichi il proprio interesse come appartenente ad una categoria nuova , partecipativa, lontana dalle logiche di bottega e dalle appartenenze ideologiche.
 Stabilito questo, come orientare la propria scelta resta faccenda complessa, come dimostrano gli ultimi sondaggi che indicano nel 40% dell'intero corpo elettorale quelli che una scelta ancora, non l'hanno fatta.
Un apporto di chiarezza in questo senso l'ha fornito, forse involontariamente, ieri D'Alema a margine della festa democratica di Reggio Emilia : "Solo noi siamo in grado di offrire le stesse garanzie di serietà e di rigore che Monti ha offerto all’Europa"- e poi- "Se gli Italiani si affideranno a Grillo, non so cosa potrà accadere“. Chi ha orecchie per intendere, credo abbia inteso. Il futuro governo del Pd ricalchera' quello attuale, e poco importa se il sistema delle alleanze non sara' costruito sul "progetto comune", ma sul "tenere fuori", l'importante sara' garantire lo status quo e gli organismi sovranazionali.
Io ammiro cotanta sincerita', perche' e' chiaro che questo disegno esclude a priori reali riforme strutturali su informazione e giustizia, su di una diversa modalita' di assegnazione delle concessioni pubbliche, su tagli drastici agli infiniti rivoli in cui la casta prolifera indisturbata. Questi punti, coerentemente, non sono sicuramente al centro del dibattito, ma quanto interessano a quel 40%?
Questo, e' il problema.
  L'aggiramento della regola, al pari dell'evasione fiscale, e' sport nazionale acclarato; puo', da sola, la crisi motivare e suscitare quel moto di indignazione popolare intrinseco ad ogni cambiamento epocale? L'alternativa reale questa volta c'e', ed infatti D'Alema non  sa' prevederne i possibili  effetti. Certo, lo afferma a mo' di minaccia, ma ne conferma, involontariamente, il carattere rivoluzionario: se votate M5S , tutto puo' accadere. Quali saranno le priorita'? Le ultime voci dicono che , calcoli alla mano,  si votera' a marzo, perche' cosi conviene ai parlamentari per questioni di indennita' e di pensione; loro, bisognera' ammetterlo, sulle priorita' non hanno mai avuto dubbi.


 

martedì 4 settembre 2012

I negozi chiusi e quella strana sensazione



Vi sono dei segnali, inequivocabili, delle cose che stanno accadendo. Anche se la tentazione, forte, e' di chiuderci per quanto possibile entro le mura delle nostre certezze , gia' la sola vista  attraversando una strada ci porta gli umori del mondo circostante. Le molte serrande abbassate dei piccoli negozi sono evento nuovo , innegabile, conseguenza diretta e non casuale di dinamiche ampiamente previste.
 Sono di ieri i risultati dello studio confcommercio per quest'anno, e prevedono la chiusura di 120.000 attivita'. I dati ,pur soggetti a conferme,  delineano comunque bene il quadro di riferimento. I giornali lo hanno raccontato a tutta pagina  come effetto diretto della crisi, ma ci sono altri fattori ugualmente determinanti. La proliferazione indiscriminata dei centri commerciali ha , nei fatti, spostato il  "baricentro" degli acquisti, portandolo in "non luoghi", spesso avulsi dal resto della citta'. Al "negozio sotto casa",  sono rimaste le briciole, gli acquisti di "prima necessita'" ,ed i servizi. E' da sottolineare come alla "crisi" del denaro si sia affiancata quella dei "contatti" inerenti alla vendita, sempre piu' spersonalizzati , come se la conoscenza diretta fosse un peso e non un valore aggiunto del rapporto commerciale.
  Questa dinamica si inserisce in un contesto piu' ampio che riduce gli spazi degli indipendenti, e li piega alle logiche della globalizzazione governate dai "brand" attraverso l'utilizzo dei franchising. Si lavora con il rischio dell'imprenditore, ma con i guadagni e lo spazio decisionale di un dipendente; una nuova forma di assoggettamento.
 Inevitabile "progresso" ? 
A Berlino e Parigi le amministrazioni  lo hanno ostacolato, mentre qui chi sproloquiava di citta' a misura d'uomo lo ha assecondato autorizzando cubature mai viste , cito Veltroni per tutti, a Roma recordman assoluto in negativo.
 
Resta il fatto che la chiusura dei negozi di prossimita' impoverisce e nelle forma e nella sostanza la citta', creando un circolo vizioso che riguarda anche i fornitori, i commessi, i proprietari delle mura, e lascia ai passanti una sensazione di " the day after"; senz'altro, nelle citta' desertificate si cammina meglio, se e' questo che intendeva l'ex sindaco.