Nella repubblica fondata sulle tv, un premier telecomandato comodamente da casa non poteva mancare...
"L'Italia è un paese in coma che crede alle bugie della tv", diceva qualche tempo Tony Servillo. Pur non essendo il suo mestiere, mi pareva avesse indovinato la quintessenza dell'italiano medio, sprofondato nel divano alla domenica incurante del fatto che la partita trasemessa fosse palesemente truccata. Per i "desti", invece, vorrei spendere due parole sul nostro nuovo Premier, e le dinamiche che lo hanno portato a questo incarico.
Si voleva un inciucio fondato sulla concordia, e quale legame oltre la parentela poteva essere più adatto? Bisognava trasmettere un'immagine di rinnovamento, ed il giovane Letta può, a primissima vista, dare quest'impressione. E, cosa più importante, c'era la necessità di un mero "esecutore" di azioni prestabilite: varo delle manovre imposte dai mercati, salvacondotto giudiziaria per B., preservazione della casta nella sua interezza e, sopratutto, la salvaguardia dei meccanismi che hanno reso la giustizia inerme e l'informazione controllata.
Insomma, un viso giovane a tutela di dinamiche antiche, e sempre più difficili da mantenere. E poco importa se il giovane Letta sia un gaffeur di professione; ha ereditato il senso cerchiobottista dello zio, sapientemente schierato nella (presunta) altra parte politica. Agli annali le sue uscite sui voti (meglio a B. che a Grillo, asseriva) e sugli accordi sottobanco sulla legge elettorale. Recentemente ha dichiarato che il peso affidatogli è troppo pesante per le sue spalle; probabilmente, dice la verità. Ma non deve preoccuparsi: tra B., il vecchio Letta, e il sempreverde D'Alema, saprà sempre come muoversi: teleguidato. Resta solo da capire quale telecomando abbia il segnale più forte.
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