Caro Beppe, hai chiesto se sei tu il problema del movimento; eccoti servita la risposta...
Ho ascoltato con un certo fastidio le critiche a Grillo, per le scelte fatte nell'elezione del Capo dello Stato. Non che non siano stati fatti errori, strategici e di comunicazione, ma mi sembrava oltremodo indecoroso attaccare chi si era prodigato per imporre il movimento a essere cosi decisivo nella vita politica di questo paese. Mi pareva quasi come quel giocatore bravissimo, al quale i tifosi, al primo errore sotto porta, voltassero le spalle senza pensarci due volte.
Nessuno poteva prevedere quali potevano essere le conseguenze dell'appoggio ad oltranza al candidato Rodotà; e se il Pd, in un impeto di decenza, lo avesse appoggiato? Non sarebbe stata una rivoluzione, questa volta vera, per questo paese? La questione non è, come raccontano, i presunti passi falsi o i miracoli elettorali di Grillo, ma il percorso che, necessariamente, deve portare a meccanismi di scelte condivise e trasparenti all'interno del movimento. Il peso, enorme, di tutte le scelte strategiche, di tutte le prese di posizione necessarie a stretto giro di avvenimenti, metterebbero chiunque in difficolta', offuscandone i ragionamenti e le capacita' analitiche. È quello che sta succedendo.
Sostenere Gabanelli for president, e dire che non è una giornalista libera, nell'arco di due settimane, non è solo incoerente; è un suicidio politico. Stesse dinamiche, più o meno negli stessi tempi, per Rodotà. E pure la questione tv non tv ha subito gli umori mutevolissimi del "capo", e quelli ancor più mutevoli degli elettori. Così, non si può andare avanti.
E non perché non si possano commettere errori, ma perché la responsabilità degli stessi deve essere condivisa. C'è gia un movimento in cui decide tutto il fondatore, e si chiama Forza Italia. Forte alle politiche nazionali, nullo sul territorio, guarda caso lo stesso destino del M5S. E mentre le dichiarazioni di Beppe viaggiano sulle montagne russe, il "governo" Letta guarda, da una rilassata e distaccata posizione di pseudocomando, l'Italia affondare. Il melodramma, tanto amato dai "telemorenti" sulla crisi e la povertà, da farsa si sta trasformando in tragedia reale. Stiamo diventando un paese triste, sospettoso, rancoroso.
In mezzo a questo putiferio, le conflittualità dell'unico movimento reale espressione del desiderio comune di cambiamento, ne bloccano e circoscrivono l'azione. Grillo ha chiesto un referendum su di sé, ma non è questa la maniera di affrontare la questione. Meccanismi trasparenti che garantiscano la partecipazione degli iscritti alle decisioni politiche sono improcrastinabili; chiunque abbia un po di lucidità lo può vedere. E pare senz'altro necessaria la presenza del fondatore, che aiuti il neonato movimento a camminare sulle sue gambe, senza avere la pretesa di direzionarne ogni passo.
La questione non è se Grillo sia necessario o meno, ma in quale ruolo sia piu utile al movimento: quello del padre padrone, o quello del padre nobile, fuori dalla mischia, le cui parole, pronunciate di rado, abbiano tutto il peso e l'autorevolezza di cui può essere portatore. Il problema, più che politico, pare psicologico. L'incapacità di "lasciar andare" la creatura, è esclusiva responsabilita' del creatore, chiamato allo sforzo di saper riconoscere tra interessi collettivi e personali, magari subconsci. E poco importa se errori verrano commessi, e se i simpatizzanti voteranno in maniera imprevedibile: sono i rischi della democrazia. È necessario che Grillo riponga nella capacita di giudizio della base, la stessa fiducia che gli è stata concessa.
Possiamo "crescere", con uno sforzo comune, o lasciare il paese in balia di se stesso, con il giovane ed il vecchio Letta a garantire interessi di casta bipartizan e null'altro. Fai un referendum con te stesso su questo Beppe; cosa è meglio?
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