In
questi giorni si assiste ad una sollevazione pressoche' unanime
dell'”intellighenzia” italiana a difesa di Sallusti, supportata
dal parere autorevole di gran parte dei giornalisti della carta
stampata; tra questi, il buon Marco Travaglio. Mi riferisco al suo
articolo, e non ad altri, perche' la sua buona fede a riguardo
difficilmente puo' essere messa in discussione.
Il
giornalista de ”Il fatto” scrive: ”nessun giornalista può
rischiare in prima battuta il carcere (anche se finto, come da noi)
per quello che scrive”. E conclude: Sallusti chieda scusa e rifonda
il danno al giudice diffamato, e questi ritiri la querela” ; e
”volemose tutti piu' bene”, verrebbe da aggiungere.
A
fronte di questo grazioso quadretto vi sono pero' delle riflessioni
che vale la pena argomentare. L'articolo in questione e'
sfacciatamente diffamatorio, rivolto a chi (un giudice) non ha
problemi di competenze nel formalizzare una querela, e firmato
Dreyfus (vi ricorda nulla?); mi sorge il leggerissimo dubbio che
l'abbiano fatto apposta.
Puo'
Travaglio non aver avuto neppure un pallido sospetto a riguardo? Di
certo, non ne fa' menzione.
Tutti
i giornali hanno titolato a caratteri cubitali il rischio dellla
carcerazione per il direttore, per infilare poi condizionali
d'obbligo e postille varie negli occhielli . Chiunque mastichi anche
solo un po' di codice penale, są' che per un incensurato la condanna
per diffamazione puo' significare al massimo l'affidamento ai servizi
sociali, a meno che non decida autonomamente di scontarla in carcere.
Questo opportuna precisazione non l'ho letta in nessun articolo della
casta dei giornalisti, che si sono limitati a riportare la
sospensione della condanna a sentenza avvenuta: non e' che ci fosse
l'intenzione di martorizzare la figura di Sallusti?
Qualcuno
ha scritto che la sua sola colpa era di essere, come direttore, il
solo responabile di quanto pubblicato e che probabilmente non si sia
reso conto di quanto scritto; la tesi e' divenuta improponibile dopo che
si e' scoperto il vero autore: il mitico Renato Farina, gia' radiato
dall'albo dei giornalisti per aver ricevuto denaro allo scopo di
diffondere notizie false.
E
dunque?
C'e
stato un articolo il cui valore diffamatorio nessuno obietta; si e'
svolto un processo, che si e' concluso con una condanna, e non e'
finito in prescrizione. Deo gratias!
L'imprescindibile
principio della liberta' di stampa non puo' includere la possibilta'
di scrivere e pubblicare anche cose palesemente false o con il solo
scopo di calunniare, pena la delegittimazione del principio stesso.
Il giornalista, come chiunque, deve rispondere di quanto afferma, e
la legge , tutto sommato, funziona. Prova ne sia lo stato di liberta'
dello stesso Travaglio, streguo perseguitore della casta, eppure
sostanzialmente immune da decine di querele che lo hanno investito;
come ha fatto?: gli e' bastato scrivere la verita'. Il soldato
Sallusti ha nei confronti dei suoi elettori lo stesso dovere di
verita', ma ha violato questo postulato cosi tante volte da essere
passato al nemico, la disinformazione. Ormai, e' diventato un
disertore.
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