Mentre mi stupisco nel
vedere la meta' dei nostri presidenti di regione indagati (e gli
altri ?), vorrei argomentare su uno dei due principali temi (l'altro
e' la giustizia) che ci hanno condotto fino a qui: la (presunta)
libera informazione.
La materia
riguardante il conflitto di interessi parę essere passata di moda;
l'Italia resta invece un unicum nel panorama dei paesi occidentali.
Le reti televisive private sono in grandissima parte in mano ad un
solo editore; quelle pubbliche controllate, dopo la consueta
spartizione, dai partiti. Nella carta stampata le cose non vanno
meglio; nonostante perdite record attutite da generosi finanziamenti pubblici, le testate sono tutti gestite da grandi gruppi di potere
che poco hanno a che fare con l'editoria.
Partiamo dal più importante quotidiano a diffusione
nazionale, il Corriere della Sera. Il suo editore è il gruppo RCS
quotato in borsa, ed ha fama di essere il giornale super partes per
definizione; nulla di piu' falso. Nel suo Cda ci sono Fiat, Pirelli,
Telecom Italia, Mediobanca, Intesa. Grande finanza, banche,
assicurazioni, automotive, telecomunicazioni, cementifici,
acciaierie, pneumatici, immobili, moda, elettrodomestici: non c’è
praticamente nessun settore del made in Italy che non possa dire la
sua sui contenuti e sulla posizione del giornale.
Viene da dire che
in Italia essere indipendenti coincide col dipendere da tutti,
nessuno escluso: la linea editoriale del Corrierone nazionale
risentirà quindi delle esigenze e degli accordi reciproci fra le
aziende che siedono in Consiglio: nessuna visione strategica a
prescindere, e una pletora di manovre tattiche in risposta alle
necessità del momento.
La Repubblica gruppo Espresso appartiene
invece a Carlo De Bendetti, nel Cda troviamo rappresentanti di
Luxottica, Tod's, Indesit e della Saras di Massimo Moratti. La
famiglia Berlusconi controlla direttamente Il Giornale, edito dal
gruppo Mondadori, mentre la famiglia Agnelli è proprietaria del
quotidiano La Stampa di Torino. Il Messaggero di Roma, il Mattino di
Napoli, il Gazzettino di Venezia e il Nuovo Quotidiano di Puglia sono
editi dalla Caltagirone Editore, di proprietà della famiglia
Caltagirone (grandi opere, cementifici, immobili): Il Resto del
Carlino di Bologna, la Nazione di Firenze e Il Giorno di Milano sono
invece posseduti dalla Poligrafici Editoriale, collegata a Telecom
Italia, Generali Assicurazioni e Gemina.
Infine una notazione quasi
umoristica: Libero, l’aggressiva testata di destra e Il Riformista,
quotidiano timidamente di sinistra, hanno lo stesso editore Giampaolo
Angelucci, proprietario di un impero fatto di cliniche e strutture
sanitarie , e messo agli arresti domiciliari per falso e truffa ai
danni delle Asl. I suoi quotidiani avranno dato la notizia?
La situazione non migliora, anzi se possibile
peggiora, quando si analizzano i quotidiani finanziari. Il Sole 24
Ore, come è noto, è appannaggio dell’universo Confindustria,
quindi diretta espressione dei desiderata dei principali gruppi
industriali del Paese. Nel suo Cda siedono, fra gli altri, Giancarlo
Cerutti, consigliere di amministrazione di Saras; Luigi Abete,
presidente di Bnl (gruppo Paribas), fratello di Giancarlo Abete
(presidente della Figc) e consigliere anche della Tod’s di Diego
Della Valle; e Antonio Favrin, collega di Cda, in Safilo Group, di
Ennio Doris, che siede in Mediolanum della famiglia Berlusconi e in
Mediobanca.
La domanda nasce spontanea: quale mai puo' essere
l'interesse dei poteri forti a controllare un settore palesemente in
perdita? Filantropico? E' verosimile l'assunto che la televisione non
influenza le scelte politiche dei cittadini?
Sono domande retoriche,
ma che pongono in evidenza una questione cosi centrale da essere
diventata di vita o di morte. Perche' per molti cittadini
l'informazione "tradizionale" e' la sola accessibile, e per
altri ancora l'onere di approfondire risulta troppo gravoso; insieme,
costituiscono la maggior parte del corpo elettorale.
E mentre chi
naviga in rete puo' attingere da piu' fonti, decidendo magari
consapevolmente (contento lui..) di supportare Scilipoti, il
pensionato che guarda distrattamente il Tg1 e magari approfondisce
con Vespa, puo' pensare che votare Sgarbi sia un gesto
rivoluzionario.
Urge una legge sul conflitto di interessi, che
l'attuale nomenclatura si astiene pure dal nominare.
Urge
l'eliminazione totale dei finanziamenti, per rendere piu' onerosa la
gestione delle non-notizie.
Urge, per la gioia dei nostri amatissimi
"tecnici", piu' mercato e competizione: chi racconta
i fatti vende e sopravvive; gli altri chiudono.
La malattia che affligge l'informazione in Italia strangola ogni tentativo di cambiamento significativo, usando ogni artificio. Anche quello di sovraesporre il problema della corruzione, tanto da non far neppure intuire quelli che sarebbero gli opportuni ed efficaci rimedi. E' una malattia endemica, radicata, invasiva; faranno di tutto per renderla mortale.
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