Molti
sognatori della politica a seguito dei sondaggi della settimana
scorsa hanno fatto parecchi voli pindarici; un'eventuale lista comune
M5S-Idv potrebbe risultare il partito più votato ed accedere
al premio di maggioranza relativa,
davvero un bel colpo.
A
frenare questa allettante casualità si frappongono però diversi
ostacoli: dei media tradizionali compattamente ostili, il possibile
vaglio di una nuova legge elettorale studiata
appositamente per evitare questa possibilità, e delle problematiche
interne che forse, qualcuno, rischia di sottovalutare.
Già
dai tempi del fragoroso applauso dell'assemblea all'annuncio
dell'appoggio
alla candidatura dell'inquisito De Luca,
si capiva che qualcosa nei ranghi dell'Idv, tra base e vertice, non
quadrava. Si percepiva infatti una volontà di uscire dalla protesta
oltranzista, per partecipare in maniera più "morbida"
all'avventura politica.
L'onorevole
Donati si è fatto promotore di queste istanze e ha cominciato a
smarcarsi dalle posizioni del suo leader; le ultime esternazioni di
venerdi scorso, alla "Zanzara", nulla hanno da invidiare al
Capezzone dei tempi migliori: "Ingroia parla troppo, i
magistrati dovrebbero parlare con le loro sentenze non concedendo
interviste a tutti i giornali, televisioni o feste di partito”. Si
rivela ipercritico anche nei confronti di Grillo:
“Tra lui e Casini” – dichiara – “scelgo certamente Casini,
perché si tratta comunque di una forza responsabile. Grillo porterà
in Parlamento delle persone per caso, una classe dirigente senza
esperienza e competenza politica. E’ una forza politica totalmente
incompetente a governare”. Il politico esprime commenti polemici
anche nei confronti di Di Pietro: “Prima si toglie il suo nome dal
simbolo del partito, meglio è – afferma -. Gli altri partiti che
lasciano il nome del leader sul simbolo sono ridicoli. Io sono
contrario ai partiti personali”. Infine, stoccata poderosa alla
linea politica della segreteria: “Le scelte sono state sbagliate,
hanno allontanato la prospettiva di un’alleanza di centrosinistra".
Dunque
Donati è rappresentativo di una una frangia
interna,
che bolla il ruolo di eterna opposizione come superato, e che
rivendica la necessità di un accordo con il Pd per far parte del
nuovo esecutivo. Posizioni a dir poco inconciliabili con la
prospettiva di una coalizione che vorrebbe radere al suolo la casta.
La vera questione è: quanto "pesa" questa posizione
all'interno del partito?
La
mia impressione è che valga più di quanto Di Pietro abbia
preventivato; d'altronde, la
selezione della classe dirigente è stato sempre il suo limite più
eclatante.
Altri
fantasmi agitano il movimento di Grillo che ha visto, in pochissimi
mesi, un'ascesa di consensi tale da poter essere gestita molto
difficilmente. L'esplosione del caso Favia pone fine all'idea di un
movimento unitissimo e ci mette davanti ad una differente realtà.
Il
mantra dell'impegno a termine del cittadino,
espressione massima di forza e di debolezza dell'impostazione del
M5S, comincia a mostrarsi in tutta la sua criticità. Favia, vicino
all'abbandono forzato dalla politica per raggiunti limiti temporali,
ed in prossimità delle elezioni nazionali, realizza un'azione
da politico consumato.
Organizza un falso fuori onda riguardo un problema reale di
democraticità all'interno del movimento, per emigrare molto
velocemente verso problematiche assai più prosaiche. Rilascia
numerose interviste, partecipa a trasmissioni televisive, acquista
visibilità. La sua pagina facebook aumenta da 18 a 15.000 contatti
al giorno; passa da: "Sono pronto alle dimissioni", a:
"Intorno a me sta crescendo un movimento, ho già pronta la mia
corrente". E'
pronto per il Pd, o per chiunque gli offra un opportunità;
per statuto, la sua avventura in politica nel M5S volge al
termine.
Episodio a
parte, era evidente che queste problematiche sarebbero, prima o poi,
scoppiate nelle loro contraddizioni. Un
movimento che si batte contro la casta ha
la necessita di porre un termine alla partecipazione dei popri
militanti all'interno delle istituzioni, ma allo stato dei fatti, chi
rinuncerà con un sorriso ad un lavoro ben retribuito, interessante,
e che regala visibilità e potere? Bene
fa Grillo a mantenere la barra dritta su questo punto: nessuna deroga
può essere concessa.
Favia
è l'incarnazione del vero nemico del M5S: il
rischio di "implodere", affermando personalismi che, in
buona sostanza, sono gli stessi che vengono rinfacciati alla politica
tradizionale. E' evidente che il dilagare di
queste problematiche bloccherebbe, sul nascere, qualsiasi
ipotesi di affermazione elettorale. Cittadini
troppo attenti ed informati,
non potrebbero accettare nessun compromesso su questo punto, né il
tradimento dello spirito stesso del movimento, né la
violazione delle regole che con tanta forza si chiede invece
alla casta di rispettare. L'episodio del consigliere è la prova di
un'"indietro tutta" generale; speriamo che Il M5S ne esca
indenne.
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